ESCLUSIVA – Roma, ecco perché l’inaugurazione dello stabilimento Village di Ostia, confiscato al clan Fasciani, è saltata.

Ieri sul litorale romano ad Ostia doveva esserci l’inaugurazione della ‘rinascita’. Lo stabilimento balneare confiscato al clan dei Fasciani, il Village, avrebbe dovuto rivedere la luce ma così non è stato. La prima, nel nome della legalità, è saltata all’ultimo momento. La motivazione, riportata anche dai media, è che “mancano alcuni documenti”, che sostanzialmente c’è qualcosa che non torna e così, a due ore dall’inaugurazione, lo champagne è stato rimesso a posto. Ma quali potrebbero essere le cause reali dello stop? Progetto Italia News, carte alla mano, ha cercato di approfondire la vicenda e fare un po’ di chiarezza.

Manca il bando pubblico

Innanzitutto non è stato fatto un bando ad evidenza pubblica per la gestione dello stabilimento balneare in questione, come previsto da una legge regionale del 2015. Il municipio di Ostia lo scorso settembre ha deciso di affidare la gestione del Village, in possesso della Malibù Beach srl, società confiscata al clan Fasciani, direttamente alla Hesperia srl, una società nata qualche settimana prima. Nello specifico il municipio ha autorizzato la Malibù Beach a cedere la gestione del Village alla Hesperia. La legge regionale è molto chiara in merito: “I comuni sono tenuti ad attivare procedure di evidenza pubblica – si legge – ai fini del rilascio di nuove concessioni, nonché nei casi di affidamento ad altri soggetti delle attività oggetto della concessione e di subingresso ai sensi, rispettivamente, degli articoli 45 bis e 46 del codice della navigazione.” Una prescrizione chiara come il sole per le concessioni demaniali marittime, che non lascia ombra di dubbio sul fatto che bisognerebbe attivare in questi casi una procedura di evidenza pubblica, figuriamoci quando c’è a monte una confisca come nel caso del Village e della società che lo possiede.

Tale legge, di cui comunque manca ancora il relativo regolamento di attuazione, prescrive chiaramente che devono essere i Comuni (in questo caso, il municipio di Ostia) ad attivare procedure di evidenza pubblica per autorizzare l’articolo 45 bis, ovvero la gestione totale o parziale delle attività pertinenti alla concessione. Procedure di evidenza pubblica che escludono le modalità di un protocollo d’intesa fra parti, come invece pare sia accaduto in questo caso, con la volontà da parte di un ente privato (Unindustria) a ‘designare’ in maniera unilaterale una società, tra l’altro appena costituita. Una legge molto chiara tant’è che a nessun altro concessionario di Ostia è stata data l’autorizzazione al 45 bis nell’anno 2015 proprio in virtù della norma regionale. Appare paradossale che tale legge che garantisce, o almeno tenta di garantire trasparenza nelle concessioni demaniali marittime, non sia stata applicata proprio nel caso dello stabilimento, in amministrazione giudiziaria, confiscato ai Fasciani. E la società destinataria della gestione del Village, inoltre, è costituita da persone che non sembrano avere nessuna esperienza nel campo della conduzione di uno stabilimento balneare. Ma quando si parla di amministrazione giudiziaria, come il caso del Village, bisogna precisare che essa deve necessariamente avvalersi di uno staff multidisciplinare, di professionisti ed esperti del settore in cui si è chiamati ad operare, proprio per rendere l’attività produttiva.

Mancato pagamento dei canoni demaniali?

 Con più richieste da parte del municipio di Ostia, sono stati inviati dei solleciti di pagamento alla Malibù Beach “dei canoni dovuti per le concessioni demaniali marittime, rilasciate dal Comune di Roma Capitale” con riferimento all’anno 2014. L’ultimo sollecito inviato dal municipio è datato 5 maggio 2015, interessi di mora compresi. Dopo l’ultima lettera con cui il municipio reclamava i canoni non pagati, l’amministratore della Malibù Beach il 7 maggio 2015 richiedeva al Demanio la possibilità di rateizzazione dei pagamenti dei canoni del 2014. Il 7 ottobre 2015 il municipio di Ostia inviava una nuova richiesta di pagamento del canone demaniale marittimo per l’anno 2014 (importo totale richiesto di oltre 53 mila euro) al coadiutore delegato dall’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata per la società Malibù Beach srl, e il 14 dicembre 2015 inoltrava, sempre al coadiutore delegato, il sollecito al pagamento del canone per l’anno 2015. Non è dato sapere se tali canoni siano stati interamente pagati. Progetto Italia News ha provato a chiedere dei chiarimenti sulla vicenda al municipio di Ostia ma senza successo. L’unica cosa certa è che, anche se tutti i pagamenti dovuti fossero stati effettuati, c’è stato un ritardo considerevole negli esborsi degli importi richiesti dal municipio.

Passaggi societari anomali

La Malibù Beach il 30 gennaio 2013 è stata sottoposta a confisca con sentenza del Tribunale di Roma ma circa 4 mesi dopo, il 16 aprile 2013, ha ottenuto la gestione del Village, acquisendo il subingresso nella concessione demaniale marittima. Concessione di cui era titolare, precedentemente, la società Il Porticciolo srl. Un subentro inspiegabile, senza nessuna opposizione da parte del municipio di Ostia, nei confronti di una società come la Malibù Beach, che in seguito, il Tribunale di Roma, con la condanna in primo grado dei Fasciani di gennaio 2015, ha stabilito anche essere riconducibile direttamente al clan. Nessuna opposizione al passaggio di mano e nessuna decadenza ma, addirittura, la concessione è stata rinnovata fino al 2020, sempre dal municipio di Ostia, il 24 marzo 2014.

La confisca della Malibù Beach era avvenuta già prima dell’operazione Nuova Alba, di luglio 2013, che portò all’arresto di 51 imputati, tra cui alcuni membri del clan Fasciani, e prima dell’operazione Tramonto, di marzo 2014, grazie alla quale sotto la lente degli investigatori è finita la struttura imprenditoriale delle cosche di Ostia.

Troppe ombre

Sono tanti, troppi i punti da chiarire prima di inaugurare lo stabilimento che dovrebbe essere il simbolo della rinascita e della legalità per Ostia. Forse anche per questo è saltato tutto all’ultimo momento con la motivazione “mancano i documenti”. Una frase tanto generica quanto emblematica sussurrata dall’amministrazione che potrebbe celare una serie di irregolarità o di mancanze, alcune riportate in esclusiva dal nostro giornale, che poco o nulla hanno di legale. Tutto appare molto confuso, anche per la Regione Lazio che aveva inserito l’inaugurazione del Village nelle celebrazioni della Settimana della Legalità. Decisione che, a seguito delle ombre emerse sulla vicenda e riportate in esclusiva da Progetto Italia News, sarebbe apparsa quantomeno inopportuna per non dire surreale.

Luca Teolato

 

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