Questo e’ il rischio che alimenta la tensione e può creare una situazione che sfugga ad ogni controllo precipitando il Paese in un marasma dal quale sara’ difficile uscire.
Le istituzioni, ciascuna nel proprio campo, sono titolari dell’interesse generale. I partiti, invece, sono portatori, ognuno, di una visione del bene comune, al fine del quale si confrontano per riscuotere il consenso degli elettori. Conosciamo le regole: chi vince ha il diritto di influire sulla composizione del governo sapendo che, nel momento in cui si insedierà, dovrà perseguire l’interesse generale, sia pure tenendo presente la visione del bene comune prevalente nel Parlamento. Questo e’ quanto sancito dalla Costituzione che attribuisce al Capo dello Stato il potere di nomina del Presidente del Consiglio e dei ministri che quest’ultimo gli propone. Il governo è certamente amico della maggioranza parlamentare, la quale però non può considerarlo uno strumento nelle sue mani. Sono due poteri distinti: il potere Legislativo e quello Esecutivo: il primo approva, modifica, respinge i disegni di legge del secondo e controlla i comportamenti della pubblica amministrazione, potendo inoltre sfiduciare il governo e mandarlo a casa. Da ciò si desume che trattasi di equilibri molto delicati che, se attentamente rispettati, realizzano bene del Paese ma, in caso contrario, possono portare allo sconvolgimento della vita politica e conseguentemente di quella economica e sociale. Il partito che nell’attuale legislatura ha ottenuto il maggior numero di seggi in Parlamento e’il PD, rappresentato dal neo eletto segretario Matteo Renzi. La visione del bene comune del PD di Renzi resta la stessa, il riformismo radicale. Ma le strade e gli strumenti per attuarlo sembrano cambiare: il Presidente del Consiglio ha incontrato venerdi il nuovo segretario per discutere le misure che il governo deve attuare in tema di riforme nei prossimi mesi, a partire da quella elettorale e, all’apparenza, sembra tutto regolare ma Renzi sembra comportarsi come se il governo fosse retto solo dal PD. C’è un aspetto molto rilevante che sfugge al Sindaco di Firenze e cioè che l’Esecutivo Letta è retto da una coalizione di varie forze; quindi un’eventuale legge elettorale che penalizzasse alcuni dei partiti della coalizione porterebbe inevitabilmente alla crisi.Questo è il punto cruciale che alimenta la tensione tra Letta e Renzi. Ma, a ben vedere, forse Renzi cerca proprio l’occasione adatta per mandare l’Esecutivo a casa, condurre il Paese alle urne e solo cosi vedersi aprire per lui le porte di Palazzo Chigi.