Nel febbraio del 2004 il Parlamento italiano ha approvato la prima legge del nostro paese per regolamentare la fecondazione assistita. La legge 40/2004 non ha avuto in iter facile sin dal principio, come era facile prevedere trattando una materia tanto delicata in termini di etica e di morale. Nell’anno successivo alla sua approvazione, il 2005, si è anche svolto un referendum abrogativo per smantellare i punti più controversi della Legge 40, senza esito per il mancato raggiungimento del quorum. Ma recentemente, il 1° aprile 2009, la consulta si è espressa su dei ricorsi alla legge, dichiarandone incostituzionali alcuni punti. La fecondazione assistita, chiamata tecnicamente PMA – Procreazione Medicalmente Assistita- è la pratica medica atta a “favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall’infertilità umana. La pratica nel territorio italiano è consentita alle coppie maggiorenni sterili di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi. L’infertilità o la sterilità della coppia devono essere certificate dal medico. L’art. 14 al comma 2 afferma che non può essere prodotto un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario a un unico impianto, cioè tre al massimo, e tutti gli embrioni prodotti devono essere impiantati in utero. Questo è l’articolo dichiarato incostituzionale dalla recente sentenza del 1° aprile. Il rischio di fecondare solo tre ovuli per ottenere al massimo tre embrioni limita molto le possibilità. La resa nelle fecondazioni in vitro, come in natura, non è infatti sempre al 100% e quindi una donna sottoposta a stimolazione ormonale potrebbe non arrivare all’impianto degli embrioni necessari alla riuscita. Questo è penalizzante per le donne in età avanzata e nell’infertilità maschile grave. La legge non vieta esplicitamente l’analisi pre-impianto, anche se il veto inizialmente era contenuto nelle linee guida. Nel 2008, in seguito a ricorsi al Tar, il divieto è scomparso dalla linee guida, ma non sono state aggiunte precisazoni sulla possibilità di diagnosi. La diagnosi pre-impianto resta comunque teorica, poiché la legge 40 obbliga all’impianto “unico e contemporaneo” di tutti gli embrioni prodotti e vieta anche la riduzione di embrioni nelle gravidanze plurime, tranne che per i casi previsti dalla legge sull’aborto. Inoltre vieta la selezione eugenetica che non sia finalizzata alla salute dell’embrione. Se da un’analisi pre-impianto risultasse un embrione malato, si dovrebbe comunque procedere al suo impianto. In caso di concepimento, ovvero se l’embrione attecchisce e si sviluppa il feto, resta la facoltà della madre di abortire. Una contraddizione, potendo sapere a priori che l’embrione è geneticamente malato, contestata dai detrattori della legge. Il prossimo 19 febbraio quindi la legge 40 compirà 10 anni dopo aver visto per ben 28 volte l’intervento dei tribunali. Il giudice Albano del Tribunale di Roma ha sollevato dubbio di legittimità costituzionale sul divieto della legge 40 del 2004 circa l’accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita per le coppie fertili. L’8 aprile la Consulta dovrà pronunciarsi sui dubbi di legittimità costituzionale sul divieto di eterologa e sul divieto della donazioni degli embrioni alla ricerca. In passato si erano avute già due decisioni su tale divieto. La Corte europea dei diritti umani aveva infatti respinto il ricorso con il quale l’Italia aveva chiesto il riesame della sentenza che, il 28 agosto 2012, aveva bocciato la legge 40 sulla procreazione assistita. Secondo la legge ancora vigente in Italia, procreazione medicalmente assistita e test preimpianto sono possibili solo per le coppie infertili a cui saranno trasferiti in utero solo gli embrioni sani. L’Italia, se non vuole correre il rischio di un procedimento di infrazione europeo per mancato rispetto degli obblighi comunitari, deve modificare la legge 40 del 2004 sulla PMA. Alcuni genitori hanno scoperto di essere entrambi portatori di atrofia muscolare spinale (SMA), e per questo i loro figli hanno vissuto solo pochi mesi. Per evitare di incorrere di nuovo in questa tragedia, sarebbe bastato ricorrere alle tecniche e alla diagnosi genetica preimpianto. Un tentativo vietato dalla legge 40, perché se non sei sterile non puoi accedervi. Cosa di fatto da sanare.
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