La foto simbolo che condensa il terribile attentato terroristico che ha insanguinato ieri Bruxelles ritrae Sebastien Bellin, giocatore di basket di 37 anni, in forza al Gent Hawks, mentre giace sanguinante con il volto annerito dal fumo. Bellin è noto al pubblico italiano, dato che nel 2001 ha militato anche nel nostro campionato, nello Jesi. La squadra ha confermato la notizia tramite Facebook, dove ha scritto: ‘Negli incresciosi eventi accaduti questa mattina a Bruxelles, è rimasto ferito Sebastien Bellin, ex giocatore passato anche a Jesi nella stagione 2000/2001. Tutta l’Aurora Basket Jesi si stringe attorno a lui ed a tutte le persone coinvolte in questo ennesimo, terribile attentato terroristico. Nonostante la paura e le brutte ferite, Bellin, è stato sottoposto a un intervento chirurgico e sta bene. Jesi ha ancora schegge nell’anca e in una gamba, ma sta bene’. Allo stesso tempo l’agenzia Amaq, organo media dello Stato Islamico, ha dato la notizia della rivendicazione dell’Isis diffondendo il testo del documento che attribuisce la paternità delle stragi al gruppo terroristico. La rivendicazione è stata confermata dal sito Usa di monitoraggio delle attività di comunicazione delle organizzazioni terroristiche Site. ‘Combattenti dello Stato Islamico hanno effettuato una serie di attacchi con cinture esplosive e ordigni, prendendo di mira l’aeroporto e una stazione della metropolitana nel centro della capitale belga Bruxelles, Paese che partecipa alla coalizione internazionale contro lo Stato Islamico’, recita il testo del documento. I combattenti dello stato islamico hanno aperto il fuoco all’interno dell’aeroporto di Zaventem facendo detonare le loro cinture esplosive, come ha fatto uno dei martiri che ha azionato la sua cintura esplosiva nella stazione della metropolitana di Maelbeek. Gli attacchi hanno portato più di 230 morti e feriti, conclude il documento. Dal testo si evince che sia nell’aereoporto di Zaventem che nella stazione della metropolitana presi di mira sarebbero entrati in azione degli attentatori suicidi, ipotesi per ora avvallata dalle autorità belghe solo per lo scalo aeroportuale. Sono i fratelli Khalid e Ibrahim El Bakraoui i kamikaze che si sono fatti saltare in aria ieri all’aeroporto di Bruxelles e l’identificazione dei due e’ stata resa nota dalla polizia. C’è un terzo uomo, attualmente ricercato, che sarebbe l’artificiere del gruppo. Il covo nella zona di Schaerbeek, dove ieri e’ stata trovata una bomba con dei chiodi, prodotti chimici e una bandiera dello Stato Islamico, è stato scoperto grazie al tassista che ha portato i tre sospetti all’aeroporto di Zaventem. L’uomo era rimasto sorpreso che i tre uomini non gli abbiano lasciato toccare le loro valigie. Prima due kamikaze all’aeroporto, poi una bomba nella metropolitana all’ora di punta hanno seminato morte e paura colpendo il cuore dell’Europa. Il bilancio provvisorio degli attacchi, di cui l’Isis ha rivendicato la paternità, è di 34 morti e oltre 200 feriti, ma probabilmente è destinato a crescere per le condizioni gravi in cui versano alcune delle persone ricoverate in ben 25 ospedali della capitale. Al momento è stato possibile accertare che sono solo tre gli italiani rimasti coinvolti negli attentati, per fortuna in maniera non grave. Quasi tutti, dopo essere stati medicati, sono stati dimessi dall’ospedale. Il duplice attacco è il più grave mai subito dal Belgio in tempo di pace e il premier Charles Michel, a cui è arrivato il sostegno di tantissimi leader europei e non, da Obama a Renzi, da Merkel a Cameron a Erdogan, ha promesso che la caccia ai colpevoli sarà condotta senza tregua, giorno e notte, perché noi siamo uniti e determinati a proteggere la nostra libertà che è stata colpita. ‘E’ ancora presto per dire con certezza se gli attacchi siano legati a quelli di Parigi’, ha detto durante una breve conferenza stampa il procuratore federale Frederic Van Leuw a cui sono state affidate le indagini. Ma intanto numerose perquisizioni sono state subito lanciate in diverse parti di Bruxelles e del Paese. E in un covo nel comune di Schaerbeek, quartiere della capitale già setacciato dopo gli attentati di Parigi, sono stati trovati un ordigno esplosivo con chiodi, prodotti chimici e una bandiera dell’Isis. Intanto, per proteggere gli obiettivi sensibili come stazioni, centrali nucleari, porti e aeroporti, il governo ha deciso di schierare altre centinaia di soldati e altri poliziotti che avranno anche il compito di sorvegliare le frontiere. E si fa strada l’ipotesi che l’arresto di venerdì scorso del più ricercato d’Europa, quel Salah Abdeslam membro del commando di Parigi che poi non ha avuto il coraggio di farsi saltare in aria ma è rimasto nascosto a Bruxelles per quattro mesi, abbia potuto imprimere un’accelerazione all’esecuzione di attentati che sicuramente sono frutto di un’accurata pianificazione. Matteo Renzi è stato chiaro: ‘I terroristi hanno colpito i luoghi della vita di tutti i giorni, seguendo un copione triste che ormai ha già segnato più volte vicende di questo genere, colpendo teatri, ristoranti, chiese, sinagoghe, università, stadi, musei, scuole. I luoghi della vita di tutti i giorni. Ieri sono piombati nel terrore gli innocenti frequentatori di una metropolitana e di un aeroporto. I terroristi hanno colpito Bruxelles e non ci sfugge il significato simbolico di questo attacco. Gli attentati si sono verificati a qualche centinaio di metri dal luogo in cui si riuniscono i capi di Stato e di Governo, a qualche centinaio di metri dalle sedi delle istituzioni europee. Dunque hanno colpito il Belgio, ma hanno colpito anche la capitale dell’Unione Europea. È arrivato il momento di dire con molta chiarezza e senza giri di parole, che se gli attentatori venivano dagli stessi luoghi che oggi sono colpiti, ciò significa che la minaccia è globale, ma che i killer sono anche killer locali. Il nemico non è soltanto quello fuori da noi, quello lontano. Il nemico si nasconde anche nel cuore delle città europee nelle periferie di alcune nostre capitali e vive protetto in certe zone urbane da un atteggiamento di omertà. Occorre dunque un progetto di sicurezza senza tregua, ma anche un progetto culturale, sociale e politico. È giusto tenere alta l’attenzione per le minacce esterne e fare tutto ciò che è doveroso per difendere i nostri confini. Ma è anche doveroso evidenziare come l’Europa possa e debba fare di più anche a livello interno, anche dentro le nostre frontiere per difendere la vita dei nostri connazionali, dei nostri connazionali europei. Dunque l’Europa può e deve fare di più anche a livello interno. Questo non è il momento delle reazioni impulsive, questo è il momento della calma.
La rabbia serve e manterremo tutta la rabbia necessaria per una reazione che diventi progetto. Il disgusto per ciò che è avvenuto deve portarci ad avere una strategia lucida e razionale che affronti e distrugga l’estremismo islamico e la sua folle scia di morte. L’obiettivo non può essere altro che questo, ma allo stesso tempo sappiamo che servirà tempo, sappiamo che serviranno mesi e forse anni. Sappiamo anche che li sconfiggeremo, ma sappiamo che avremo bisogno di tutto il nostro coraggio, di tutta la nostra intelligenza, di tutta la nostra energia. L’energia delle istituzioni politiche unite tutte insieme, di fronte ad attacchi come questi, non c’è un colore politico o partitico da difendere, c’è un paese da sostenere. Non è dunque il tempo degli sciacalli, ma non è neanche il tempo delle colombe. Ci vuole un patto europeo, un patto per la libertà e la sicurezza. I terroristi puntano a toglierci la libertà perché sanno che la libertà è ciò che costituisce il marchio di fabbrica dell’Europa. Vada fino in fondo, allora, stavolta, l’Unione Europea. Occorre investire in una struttura unitaria di sicurezza e difesa unitaria. È dal 1954 che l’Europa discute e litiga sulla difesa comune. I Servizi segreti lavorino di più insieme e meglio insieme, con una collaborazione costante, puntuale, continua.
L’Italia ha un’esperienza da offrire. Le forze dell’ordine italiane, le forze di intelligence italiane, le forze militari italiane hanno dovuto affrontare, nel corso degli ultimi decenni, situazioni di emergenza terribili. Dalla mafia, al terrorismo, al brigatismo. Siamo totalmente a disposizione delle istituzioni europee per lavorare insieme ad un progetto organico. Allora come l’Italia ha saputo mostrare la propria capacità di resistenza alla mafia e al terrorismo interno, così l’Europa sconfiggerà l’estremismo jihadista. Sarà così, potremo tornare ad essere non soltanto capaci di vivere in libertà ma anche di non rinunciare all’identità più profonda. Perché, se è vero che non dobbiamo sottovalutare niente, se è vero che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi sarà sempre più forte l’azione a livello europeo e italiano per combattere la minaccia dell’estremismo jihadista, è altrettanto vero che non potremo mai rinunciare alla libertà di ciò che siamo. Se siamo italiani, se siamo europei, è perché abbiamo dei valori ai quali non intendiamo rinunciare’.
Roberto Cristiano