L’anniversario della liberazione d’Italia è una festa nazionale della Repubblica Italiana che ricorre il 25 aprile di ogni anno.
È un giorno fondamentale per la storia d’Italia ed assume un particolare significato politico e militare, in quanto simbolo della vittoriosa lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale a partire dall’8 settembre 1943 contro il governo fascista della Repubblica Sociale Italiana e l’occupazione nazista.
Il 25 aprile 1945 è il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani proclamò l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia facenti parte del Corpo Volontari della Libertà di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa, giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate; parallelamente il CLNAI emanò in prima persona dei decreti legislativi, assumendo il potere in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano, stabilendo tra le altre cose la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti, incluso Benito Mussolini, che sarebbe stato raggiunto e fucilato tre giorni dopo.
‘Arrendersi o perire!’ fu la parola d’ordine intimata dai partigiani quel giorno e in quelli immediatamente successivi.
Entro il 1º maggio tutta l’Italia settentrionale fu liberata: Bologna (il 21 aprile), Genova (il 23 aprile) e Venezia (il 28 aprile). La Liberazione mise così fine a venti anni di dittatura fascista e a cinque anni di guerra; la data del 25 aprile simbolicamente rappresenta il culmine della fase militare della Resistenza e l’avvio effettivo di una fase di governo da parte dei suoi rappresentanti che porterà prima al referendum del 2 giugno 1946 per la scelta fra monarchia e repubblica, consultazione per la quale per la prima volta furono chiamate alle urne per un voto politico le donne, e poi alla nascita della Repubblica Italiana, fino alla stesura definitiva della Costituzione.
Il termine effettivo della guerra sul territorio italiano, con la resa definitiva delle forze nazifasciste all’esercito alleato, si ebbe solo il 3 maggio, come stabilito formalmente dai rappresentanti delle forze in campo durante la cosiddetta resa di Caserta firmata il 29 aprile 1945: tali date segnano anche la fine del ventennio fascista.
A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale.
La ricorrenza venne celebrata anche negli anni successivi, ma solo il 27 maggio 1949, con la legge 260 (Disposizioni in materia di ricorrenze festive), essa è stata istituzionalizzata stabilmente quale festa nazionale.
Da allora, annualmente in tutte le città italiane, specialmente in quelle decorate al valor militare per la guerra di liberazione, vengono organizzate manifestazioni pubbliche in memoria dell’evento.
L’Italia ha da sempre un problema: non essere mai riuscita a trasformare l’unica grande festa laica, il 25 aprile, in un momento di memoria condiviso.
Il guaio è che scomparsi i vecchi partiti quell’impossibilità a fare del 25 aprile ciò che per i francesi è il 14 luglio è rimasta: prima a causa della logica del maggioritario che obbligava chi associava al governo gli ex missini a ridimensionare la potata della celebrazione perché dall’altra parte c’era una immotivata spinta a rivalutare storicamente i caduti della Repubblica Sociale, adesso per l’ uso strumentale di una celebrazione che, invece, dovrebbe essere preservata e tenuta al di sopra delle mediocri polemiche di circostanza.
Martedì prossimo alla manifestazione romana organizzata dall’Anpi non parteciperà la brigata ebraica a causa della presenza della delegazione palestinese. Il Pd, attraverso il suo commissario romano, Matteo Orfini prende la palla al balzo e annuncia che non sarà presente perché questa celebrazione divide.
Sbaglia l’Anpi a non coltivare la memoria del ruolo che ebbe la brigata ebraica nella guerra e, soprattutto, a dimenticare che la comunità ebraica romana è la più antica d’Europa e che pagò alle leggi razziali e all’occupazione nazista un prezzo altissimo. Se c’è una rappresentanza che non può mancare il 25 aprile, questa rappresentanza è quella della comunità ebraica.
Ma sbaglia anche Orfini che è il rappresentante di un partito che in occasione del referendum prima ha provato a dividere l’Anpi tra buoni (chi votava sì) e cattivi (chi votava no); poi, per una forma di ritorsione, ha messo l’associazione fuori dalle feste dell’Unità per ritornare sui propri passi una volta travolto dallo sdegno.
Un partito che si senta veramente e degnamente erede di quella storia, avrebbe dovuto al contrario lavorare per trovare una via d’uscita, per evitare uno strappo che riguarda la memoria in un paese sempre più povero di valori ideali e morali.