25 aprile, festa della Liberazione e delle polemiche…

‘Basta polemiche, si apra la stagione della pacificazione nazionale. Giuliana de’ Medici Almirante, figlia di Giorgio e donna Assunta e segretaria nazionale della Fondazione dedicata a suo padre’,  a proposito del 25 aprile sottolinea che ‘dovrebbe essere un momento di pacificazione nazionale, come ha sempre sostenuto Giorgio Almirante, fin dal suo debutto in Parlamento’.

«Gli orrori della guerra – afferma Giuliana de’ Medici – li conosciamo tutti, ma non sono stati commessi solo dai fascisti. Mi sembra che ormai nel 2023, dopo quasi 80 anni, sia anacronistico enfatizzare contrapposizioni di parte: arrivare a una pacificazione nazionale sarebbe la cosa più giusta da fare». Anche a favore delle nuove generazioni, che, «fermo restando la memoria storica che va trasmessa comunque nella sua obiettività – continua la figlia di Almirante -, non avendo vissuto in prima persona gli orrori della guerra, dovrebbero essere lasciate libere da vincoli che spesso si trasformano in livore. Basta tutte queste polemiche che si rinnovano ogni anno alla vigilia del 25 aprile. Voltiamo pagina in favore dell’unità’.

Gianfranco Fini, storico leader di Alleanza Nazionale, torna a parlare alla vigilia del 25 aprile e lo fa in maniera tutt’altro che banale. Il fu alleato di Silvio Berlusconi ai tempi del Popolo della Libertà, sparito dalla scena politica parlamentare dal 2013 dopo il fallimento del partito Futuro e Libertà, ha lanciato un attacco diretto a Giorgia Meloni e a Fratelli d’Italia. Fini, infatti, ha invitato la premier a dichiarare “senza ambiguità” che la destra italiana ha chiuso i conti col fascismo. E, alla vigilia dalla Liberazione, l’ha esortata a dire che “libertà e uguaglianza sono valori antifascisti”.

Fini a Mezz’ora In Più ha lanciato un appello alla presidente del Consiglio: “La destra i conti li ha fatti, Giorgia Meloni dica, perché so che ne è convinta, che libertà, uguaglianza sono valori democratici, sono della Costituzione, sono valori antifascisti: non capisco la ritrosia a pronunciare questo aggettivo. La capisco ma non la giustifico”, ha detto in riferimento alle polemiche scoppiate dopo le parole pronunciate dal presidente del Senato Ignazio La Russa, il quale pochi giorni fa ha dichiarato che “non c’è alcun riferimento all’antifascismo nella Costituzione”.

Negli ultimi giorni il presidente del Senato, Ignazio La Russa, è finito al centro delle polemiche per aver dichiarato che la parola “antifascismo” non è presente nella Costituzione italiana.

La seconda carica dello Stato, inoltre, ha reso noto che trascorrerà il 25 aprile a Praga, per rendere omaggio a Jan Palach, giovane cecoslovacco diventato simbolo dell’anti-comunismo perché il 16 gennaio 1969 si suicidò dandosi fuoco in piazza San Venceslao, dove La Russa depositerà una corona.

Fratelli d’Italia ha replicato in modo duro a Fini, attraverso il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida: “Fini viene spesso strumentalizzato dalla sinistra. Spero sia in buona fede ma i suoi obbiettivi secondari non li conosco e nemmeno mi interessano. L’unica certezza è che Giorgia Meloni è riuscita in quello che lui non è stato in grado di realizzare”, ha detto il ministro dell’Agricoltura, che è anche cognato della premier. “Certamente – ha aggiunto, secondo quanto riportato da La Repubblica – sarebbe ingeneroso non ricordare che all’epoca fu certamente importante il ruolo che Fini ebbe ma a tante cose buone ne corrispondono altre meno nobili che vanificarono molti risultati ottenuti. Ognuno ha la sua storia e ognuno dovrebbe sapere qual è il suo tempo”.

Sul 25 aprile arriva anche il perentorio “invito” dell’Anpi ai commercianti, ai quali gli ex partigiani dell’associazione chiedono con veemenza di abbassare le saracinesche dei negozi per tutta la giornata perché la  ricorrenza segnata in rosso sul calendario «sia dedicata all’antifascismo, e non al profitto». È quanto sostenuto in un appello che, Anna Cocchi, presidente dell’Anpi Bologna, ha indirizzato ai negozianti bolognesi, chiedendo per il 25 aprile la chiusura di tutti gli esercizi commerciali definiti «servizi non essenziali».

Una situazione ad alta temperatura polemica, che l’appello ultimativo dell’esponente dell’Anpi di Bologna ha contribuito a rendere incandescente, affermando sul punto all’ordine del giorno: «Il 25 aprile è una di quelle date che nei calendari sono segnate in rosso. Non si va a scuola, non si va al  lavoro e gli uffici sono chiusi. Troppi esercizi commerciali resteranno aperti, non si tratta di servizi essenziali che devono essere garantiti, ma solo di favorire lo shopping. Tutto qui».

La mossa dell’Anpi di colpevolizzare in qualche modo chi vorrebbe tenere aperta l’attività e lavorare. E penalizzare semmai, con una chiusura imposta dall’alto, i commercianti, non è certo passata inosservata sul fronte dei negozianti locali. E da lì il dibattito, sempre più infuocato, si è automaticamente spostato in ambito politico. Dove, come riporta il sito de Il Giornale in un dettagliato servizio, si è registrata la reazione indignata del capogruppo del Carroccio in consiglio comunale, Matteo Di Benedetto. Il quale, sul punto  ha sostenuto: «L’Anpi suggerisce di chiudere i negozi il 25 aprile perché altrimenti si tratterebbe di pensare al profitto. Ci vuole rispetto per i commercianti e per chi lavora». Quindi ha sottolineato: «Chi decide di tenere aperta la propria bottega evidentemente ne ha bisogno. Giudizi approssimativi sulle intenzioni altrui non sono esattamente propri di uno Stato liberale e antifascista». Concludendo con una stoccata in cui rilancia: «Libertà per i commercianti di fare il loro lavoro, al di là di ogni pregiudizio dell’Anpi».

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