Stasera alle 20 il ministro dell’Economia, Daniele Franco, interverrà in Parlamento per spiegare le ragioni che hanno indotto il Mef a rompere gli indugi sui destini del Monte dei Paschi di Siena ed avviare una trattativa con Unicredit. Lo scrive La Stampa, spiegando che Franco, di fronte alle commissioni Finanze di Camera e Senato, illustrerà le ragioni della sua scelta, che tanta agitazione sta producendo nel mondo politico e a Siena, mettendo in chiaro innanzitutto una cosa: che allo stato attuale non è pensabile di arrivare a chiedere alla Commissione europea di rinviare di 12-18 mesi il termine ultimo per l’uscita dal capitale di Mps come suggeriscono in tanti in Parlamento e fuori. Al Mef, che del Monte oggi controlla il 64% del capitale, ritengono infatti che l’opzione Unicredit rappresenti l’unica possibilitá reale di accasare la banca senese. Un rinvio potrebbe avere senso se sul tavolo ci fosse una alterativa alle nozze col gruppo guidato a Andrea Orcel, ma oggi questa alternativa non c’è. E quella del rinvio non può certo essere la soluzione, perchè il rischio è quello di dover impegnare altre risorse (molte di piú di quelle che serviranno per far convolare a nozze Unicredit ed il Monte) senza aver di fronte una reale prospettiva. La prospettiva di trovarsi di fronte a 6-7 mila esuberi, l’ipotesi di smembrare la banca e le sue filiali, di smantellare la direzione centrale, oltre al rischio di perdere un marchio storico (il Monte è stato fondato nel 1472) inquieta non poco. Per questo il ministro dell’Economia, senza entrare nei dettagli, tanto piú che la trattativa con Unicredit è solo alle prime battute e non è certo il caso di scoprire tutte le carte, dopo aver ricordato come e perchè si è arrivati a questo punto, fornirà una serie di rassicurazioni. Sul personale, garantendo il massimo impegno affinché venga ridotto al minimo l’impatto sull’occupazione e dando disponibilitá a potenziare strumenti come il Fondo esuberi. Sul marchio, che stando alle valutazioni del Mef dovrebbe essere anche interesse di Unicredit mantenere e a favore del territorio, prevedendo una serie di iniziative a sostegno dell’economia di tutta la Toscana.
La cosa interessante da osservare sarà l’atteggiamento del Pd. Perché, come è noto a tutti, le operazioni spericolate che hanno portato la banca senese, storicamente legata al Pci-Pds-Ds sull’orlo del baratro hanno una precisa targa di partito, così come il salvataggio del 2017 che l’ha resa pubblica, così come l’ipotesi di vendita a Unicredit, che venne messa a punto durante l’ultimo governo Conte, con la benedizione del premier grillino e del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, oggi candidato sindaco di Roma. Che all’epoca agevolò attivamente il passaggio di Pier Carlo Padoan, deputato eletto a Siena, alla tolda di comando di Unicredit. Anche in vista di questa operazione su Mps, unica strada percorribile per liberare i contribuenti italiani dalla zavorra Montepaschi nei tempi concordati con l’Unione europea.
Oggi il Pd è lacerato tra due diverse tensioni: la consapevolezza di non poter ostacolare una operazione di «smaltimento» di Mps che porta la sua firma, anche se oggi il governo chiamato a realizzarla è quello di Mario Draghi, e i lamenti del «territorio», ossia dei dem senesi che non vogliono perdere il controllo clientelare sulla Banca, e quindi reclamano che Mps venga tenuta artificialmente in vita a spese dei cittadini, e non «spezzettata» e ceduta all’unico soggetto al mondo disponibile ad prendersela. Il problema del Pd è che oggi il suo segretario Enrico Letta è candidato, al posto lasciato libero da Padoan, proprio a Siena, e dunque non può fare orecchie da mercante rispetto ad un partito e a una città abituati da decenni a sopravvivere grazie alla banca. Letta si aspettava che la bufera Mps scoppiasse dopo la sua campagna elettorale, ed è quindi stato colto di sorpresa dall’anticipazione. All’inizio, il Pd ha reagito facendo il viso dell’arme, con le due capogruppo Serracchiani e Malpezzi incaricate di reclamare un immediato «chiarimento» da parte del governo, il Pd toscano lasciato libero di gridare allo scandalo contro lo «spezzatino di Mps» e di chiedere di trasformare la banca semi-fallita in una nuova, da addebitare ai contribuenti, stipendi dei dipendenti inclusi.
Col passare dei giorni, però, lo stesso Letta si è reso conto di quanto il terreno fosse scivoloso, e ha richiamato i suoi alla prudenza: ieri il responsabile economico del Pd Antonio Misiani riconosceva che l’ipotesi Unicredit resta l’unica in campo, chiedendo di evitare lo «spezzatino» inevitabile e di salvaguardare i posti di lavoro: «Il governo deve supportare la comunità senese nella costruzione di un futuro meno dipendente dalla banca», era la conclusione.
”Non siamo al supermercato, respingo fortemente l’idea che questa città rimanga supina di fronte a qualsiasi decisione”. Così il sindaco di Siena Luigi De Mossi su Mps durante un incontro con i giornalisti.
“Gli uomini Monte hanno fatto grande questa città e hanno diritto di non essere rottamati” ha aggiunto De Mossi.
“La politica ora risponda, visto che ci ha messo mano per molti anni con l’acquisizione di Banca 121 e poi con Antonveneta, adesso ci rimetta mano per ridare dignità e futuro a questa banca”, ha inoltre detto De Mossi. “No alla macelleria sociale, si dia modo a questa banca, o con una fusione o con una ricapitalizzazione, di poter vivere. ha aggiunto.
Si terrà stasera, come detto, sera alle 20 nella Sala del Mappamondo a Montecitorio l’audizione del ministro dell’Economia Daniele Franco sui “recenti sviluppi della vicenda riguardante la Banca Monte dei Paschi di Siena”, davanti alle commissioni Finanze riunite di Camera e Senato.