Due mesi per far maturare la situazione non sarebbero un dramma per avere un Governo di legislatura. Il Quirinale si prepara al primo giro di consultazioni sapendo che non sarà l’unico round. Già dalla sera del 4 marzo è parso subito chiaro a Sergio Mattarella che i risultati delle elezioni presentavano difficoltà anche maggiori della vigilia. Si sarebbe trattato di rendere compatibili personalità diverse ammorbidendo i programmi elettorali. Sembrava già chiaro che sarebbe stato necessario avere più giri di consultazioni.
Resta pertanto incerto ad un mese di distanza l’esito delle consultazioni per la formazione del governo, che si apriranno il 4 aprile. Il sondaggista Nando Pagnoncelli ha svolto una rilevazione tra gli elettori per coglierne gli umori. Dalla ricerca emerge che la maggioranza relativa degli italiani si attende un governo M5S-centrodestra, anche se preferirebbe un’intesa M5S-Lega, cosa che politicamente l’operazione non sarebbe a costo zero per i due partiti.
In particolare, a favore di un accordo tra Lega e M5S sarebbero il 63% dell’elettorato leghista e il 58% di quello pentastellato. Tra gli elettori grillini, però, il 24%, preferirebbe un’alleanza con il Pd, mentre solo il 3% auspica un’alleanza con l’intero centrodestra. Sul fronte dell’elettorato leghista, invece, il 18% vorrebbe che l’alleanza con i Cinquestelle riguardasse tutto il centrodestra e non il solo Carroccio. Nell’elettorato di Forza Italia, poi, a fronte di un 52% a favore di un esecutivo centrodestra-M5S, un consistente 38% vorrebbe il partito fuori da incarichi di governo, che lascerebbe volentieri ad altre alleanze: il 24% a Lega e M5s; il 14% a Pd e M5S. In casa dem, infine, il 34% si dice favorevole a un governo Pd-M5S, mentre solo il 5% vedrebbe bene un accordo con il centrodestra. La maggior parte degli elettori del Pd si dice indeciso, mentre il 23% vorrebbe tenersi alla larga da Palazzo Chigi.
Per provare a capire nel riserbo dello ‘studio alla vetrata’ del Quirinale quanto sia forte la voglia di compromesso di Luigi Di Maio e Matteo Salvini e fino a che punto i due leader vincenti siano disposti a spingersi per costruire un accordo che vada al di là di un rapido ritorno alle urne. Ma non solo, il presidente della Repubblica non può ignorare quanto si muove sotto traccia nel Pd, accertando quanto siano forti i mal di pancia interni rispetto alla linea dell’opposizione fissata da Matteo Renzi che si è dimesso da segretario ma che controlla ancora bene i suoi parlamentari. I rapporti di forza tra i Dem non sono ancora chiari.
Nel centrodestra rimane decisiva l’incognita Silvio Berlusconi che, a conti fatti, teme maggiormente un ritorno alle urne. Sarà proprio il Cavaliere in persona a guidare la delegazione di Forza Italia che salirà giovedì prossimo al Quirinale. Un segnale di presenza e forza diretto al segretario della Lega, quasi a ricordargli che senza il Cavaliere il Carroccio rimane solo una subordinata del Movimento Cinque stelle.
Da Forza Italia si susseguono segnali di disponibilità a formare un esecutivo che parta dal centrodestra ma che potrebbe tranquillamente finire al Pd. Una sorta di incubo per l’M5s che di Silvio Berlusconi non vuole neanche sentire il nome. Una esclusione ideologica insuperabile o, al momento, solo tattica? Anche questo dovrà appurare Mattarella che non ha la minima intenzione di affidare un incarico a scatola chiusa. Al di là delle parole il nodo è semplice: nessuno ha la maggioranza e dovranno essere le forze politiche a spiegare al presidente con chi vogliono ‘sposarsi’. E in politica non c’è nessuna condanna morale a un matrimonio a tre. Vero è che il capo dello Stato potrebbe intervenire con un mandato esplorativo o, accertato che non c’è alcuna possibilità autonoma, fare un ultimo tentativo con una figura terza di ‘mediazione’.
Di Maio e Salvini potrebbero essere disposti a rinunciare alle proposte più estreme dopo aver sottolineato come i due possano trovarsi d’accordo sui temi dell’abolizione della legge Fornero e della lotta agli sprechi e ai costi della politica, ma difficilmente su altro. Lega e M5S, infatti, sulla maggior parte degli altri punti del programma sembrano davvero agli antipodi, per esempio su Flat tax e reddito di cittadinanza. Dunque, per ritrovarsi insieme a Palazzo Chigi, dovrebbero entrambi mettere da parte le loro proposte di bandiera. Ma non è escluso che l’ipotesi di nuove elezioni, pronosticata da Salvini al 50%, possa essere una tentazione per i due leader, con l’obiettivo di lanciare un’Opa nei confronti di chi è uscito ammaccato alla consultazione di marzo e molto probabilmente farà fatica a riprendersi a breve.
In definitiva, partendo da questa visuale, il ruolo di Mattarella non è, e non sarà, semplice visto che le decisioni finali saranno sposate alle logiche ‘d’ombra’ dell’intesa Lega e Cinque Stelle, che potranno sì essere votate ad accettare, ma per breve termine, una figura terza, purché finalizzata ad un finale che preveda una ‘campagna acquisti’ tendente a nuove elezioni.