USA verso nuovo shutdown? La mossa del Senato

“Niente è inevitabile. Se ci fosse stato qualcosa da fare per evitarlo, l’avrei già fatta”. È quanto ha affermato Joe Biden commentando, in conferenza stampa alla Casa Bianca, il rischio shutdown dal 1 ottobre. Le accuse del presidente degli Stati Uniti sono rivolte ai repubblicani della Camera che – ha sottolineato Biden – non vogliono tenere fede al patto sulla spesa raggiunto con lo speaker Kevin McCarthy.

A maggio Biden, aveva trovato un accordo di massima sui finanziamenti con il repubblicano Kevin McCarthy che dirige la Camera. Tuttavia l’ala trumpiana ha respinto l’accordo, chiedendo altri 120 miliardi di dollari di tagli che servirebbero per finanziare il muro al confine tra Stati Uniti e Messico. Se ci sarà uno shutdown la “responsabilità è di tutti coloro che sono a Washington perché non sono stati in grado di fare il loro lavoro” afferma l’ex governatore del New Jersey e candidato repubblicano alla Casa Bianca Chris Christie, descrivendo un Joe Binde “nascosto nel suo seminterrato” e un Donald Trump “nascosto dietro il suo muro” mentre “dovrebbero essere qui a darci spiegazioni”. Martedì, a soli quattro giorni dallo shutdown del governo, l’amministrazione Biden ha iniziato a razionare gli aiuti federali in caso di calamità, ritardando la consegna di circa 2,8 miliardi di dollari in sovvenzioni.

Se il bilancio federale, o una risoluzione di finanziamento temporanea, non saranno approvati entro la mezzanotte di sabato 30 settembre, ultimo giorno dell’anno fiscale 2023 e termine per l’utilizzo del denaro corrente per il governo degli Stati Uniti, scatterà lo shutdown del governo previsto dall’Antideficiency Act. Si tratta dello stop delle delle attività governative “non essenziali” fino all’approvazione da parte del Congresso statunitense della legge di rifinanziamento di specifiche attività amministrative. La spesa pubblica, perché venga approvata, deve, infatti, ottenere un parere positivo da ambo i rami del parlamento (Camera dei Rappresentanti e Senato) e poi può essere promulgata dal presidente. Le leggi possono entrare in vigore anche senza la firma del presidente il quale, però, può esercitare un diritto di veto perché esse vengano ridiscusse: in quel caso per l’approvazione sono sufficienti i due terzi dei consensi.

Per tentare di evitare un nuovo shutdown il Senato ha raggiunto l’accordo per una una risoluzione bipartisan che permette di finanziare l’attività del governo fino al 17 novembre, garantendo 6,15 miliardi di nuovi aiuti per l‘Ucraina e 6 miliardi per gli interventi post disastri naturali. Si tratta – ha spiegato leader della maggioranza democratica, Chuck Schumer – di una legge di finanziamento “ponte” per garantire che il governo rimanga in funzione mentre i negoziatori cercheranno di trovare un accordo a lungo termine sul bilancio. La legge deve essere approvata oggi o domani per essere inviata alla Camera prima che scatti la deadline alla mezzanotte di sabato. Speriamo di ottenere il maggior numero di voti possibile da entrambi i partiti per questa risoluzione – ha aggiunto Schumer riferendosi al prossimo voto al Senato -e che la Camera comprenda che la collaborazione bipartisan è l’unico modo per evitare lo shutdown”. Anche il leader della minoranza al Senato, Mitch McConnell, ha esortato i colleghi repubblicani a sostenere la misura, affermando che lo shutdown è “una brutta notizia” per il Paese e per il partito, contrariamente a quanto afferma Donald Trump che esorta i repubblicani ad andare dritti verso lo stop del governo perché tanto agli occhi degli americani la colpa sarà del presidente Joe Biden.

Per Goldman Sachs le probabilità della chiusura delle attività federali negli Stati Uniti sono salite al 90%. La stima della banca Usa è di uno stop della durata almeno di 2-3 settimane. Alcune scadenze, come i pagamenti degli stipendi dei militari in servizio attivo (13 ottobre e 1 novembre) – rileva l’analisi sul possibile shutdown del governo – potrebbero essere potenziali ‘momenti di pressione’, così come un possibile deterioramento di attività ‘essenziali’ come lo screening aeroportuale e il pattugliamento delle frontiere. Goldman Sachs stima “che un lockdown ridurrebbe di 0,2 punti percentuali la crescita del PIL del quarto trimestre per ogni settimana di durata” poiché la maggior parte dei lavoratori federali non verrebbe pagata e questo sottrarrebbe immediatamente potere di spesa all’economia. Ma i ricercatori Goldman prevedono che la crescita aumenterà dello stesso importo nel trimestre successivo alla chiusura, man mano che il lavoro federale riprenderà e i dipendenti riceveranno gli arretrati. Una lunga chiusura ritarderebbe anche la pubblicazione di importanti dati governativi sull’economia, come i rapporti mensili sull’occupazione e sull’inflazione, forzando la chiusura delle agenzie statistiche federali. Gli analisti temono che la chiusura dia un segnale estremamente negativo sulla politica statunitense e spingerebbe al rialzo i rendimenti dei titoli del Tesoro, portando a costi di finanziamento più elevati. Una nota dell’agenzia di rating Moody’s aveva segnalato lunedì che uno shutdown sarebbe un “credito negativo” per il debito sovrano americano.

L`ipotesi di uno shutdown – secondo gli analisti di Ing – segnerebbe la fine del ciclo di rialzi dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve. Oltre a essere dannoso dal punto di vista economico il government shutdown – rilevano gli analisti – “limiterebbe la produzione di dati di cui la Fed ha bisogno per giustificare ulteriori aumenti dei tassi”. “Sebbene le ricadute di mercato su ampia scala sarebbero limitate – si legge nell’analisi di James Knightley e Padhraic Garvey – uno shutdown prolungato deprimerebbe i rendimenti dei treasury”.

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