Quel che tuttavia stupisce è il fatto che abbiano deciso di farlo solo dopo che l’anarchico l’aveva posta come condizione per rispondere alle loro domande. «So che siete venuti per me, ma prima dovete parlare con loro», è il virgolettato del giornale diretto da Marco Travaglio. E già questo è a dir poco irrituale, per non dire altro, perché le visite dei parlamentari in carcere osservano protocolli rigidi e regole stringenti. Non è, per intenderci, come andare a trovare un amico. Verini conferma il resoconto del Fatto, seppur tendendo a minimizzarne l’impatto. «Ma non abbiamo mica obbedito a Cospito – si difende -: l’avremmo fatto comunque, anche se non ce l’avesse chiesto».
Ma l’ambiguità della delegazione del Pd raggiunge vette inimmaginabili quando – scrive sempre il Fatto – Cospito «mette in chiaro, davanti a loro, che il suo sciopero della fame non ha il solo scopo di far revocare il carcere duro, ma quello di ottenerne l’abolizione per tutti, compresi i vicini mafiosi».
E soprattutto perché, nonostante avessero conosciuto dalla viva voce dell’anarco-terrorista le reali finalità del suo ricatto, abbiano continuato a sostenerne le pretese trincerandosi dietro la “questione umanitaria” legata alle sue condizioni di salute? Solo l’altro ieri un tweet dell’ex-guardasigilli Orlando guardasigilli, lo stesso della delegazione, caldeggiava la revoca del 41-bis a Cospito «proprio in ossequio allo stato di diritto». E il giorno prima era stata la volta di Giuseppe Provenzano, un altro ex-ministro. Ma ora, alla luce delle clamorose rivelazioni del Fatto Quotidiano, tutto cambia. E tutto assume l’amaro retrogusto dell’ambiguità. Per altro su un tema, quello del contrasto a mafiosi e a terroristi, che ambiguità non ammette. Né ora né mai.