60 anni, una sfida per l’UE

Ieri è accaduto che qualche testa venisse infilata nella sabbia unitaria, che dissensi noti venissero tacitati, che fosse preservata la tradizionale usanza celebrativa di dar fiato alle trombe.

Ma sbaglia di grosso chi pensa che il vertice di Roma sia stato una festa ipocrita. Perché in realtà il testo sottoscritto afferma che gli Stati europei agiranno insieme, anche se, quando sarà necessario, con ritmi diversi. Se ne trae in modo chiaro ed inequivocabile il concetto che chi vuole avanzare verso l’integrazione, lo potrà fare da solo senza attendere eventuali blocchi altrui. Si tratterà, quindi, di un’Europa progressivamente diversa e con un nucleo centrale duro e più ristretto, di un’Europa meno rigida e meglio in grado di far fronte alle sfide che oggi la assediano: i movimenti populisti ed anti sistema, la Brexit che potrebbe essere imitata da altri soci del club europeo, i flussi migratori mal gestiti, una ripresa economica che si fa ancora attendere, i difficili rapporti con l’America di Trump e la Russia di Putin, l’esigenza di dare un futuro dignitoso ai giovani, una maggiore cooperazione nella lotta al terrorismo. La nuova via che si è aperta a Roma per i 60 anni del Trattato, disporrà di un decennio per cambiare l’attuale deludente Europa. Ma c’è un problema di fondo da affrontare subito, che i popoli dell’Unione non attenderanno tutto questo tempo. La scelta delle politiche per avviare la creazione di un gruppo più ristretto deve avvenire nei prossimi sei mesi, e il 2018, se le elezioni in Francia e in Germania avranno sancito la sconfitta dei partiti e/o movimenti populisti e anti europeisti, si dovrà procedere in modo concreto al varo di un’Europa a più velocità.Pur mantenendo una compagine comune e coesa, la formazione di un nocciolo duro, aperto ai ritardatari,sarà inevitabile.Per evitare paralisi istituzionali andranno rimodellate e riviste le competenze della Commissione, del Parlamento e del Consiglio.Il rischio del varo di un gruppo di testa favorirà il Paese economicamente più forte, la Germania, e in tal modo gli interessi altrui potrebbero non essere rispettati e le tendenze separatiste si farebbero sentire sempre di più.Incognite pesanti che come ombre tetre incombono sul destino dell’UE.Il sogno dei suoi fondatori sembra in procinto di infrangersi. Oggi il diktat è sopravvivere alle urne e poi rilanciare in forma nuova, creare un nuovo consenso tra i popoli senza dimenticare le critiche e le istanze degli anti europeisti. Il sessantesimo anno del Trattato di Roma ha lanciato la sfida. E l’Italia, dal canto suo, si deve rendere consapevole che nella nuova Europa potrebbe costituirsi un nuovo asse franco-tedesco a trazione di quest’ultimo,da cui inevitabilmente rischieremmo di finire schiacciati, qualora non riuscissimo con le nuove elezioni a dar vita ad un Parlamento e ad un Governo in grado di rilanciare l’economia, ad abbassare il debito pubblico , attraverso una nuova ed ineluttabile stagione di riforme. Più che temere i tedeschi dovremmo temere noi stessi.

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