«Se si crede in se stesse, e si lavora duro, ogni obiettivo si può raggiungere. Non ci sono limiti». Intervistata dal settimanale Grazia, in vista dell’8 marzo, Giorgia Meloni lancia un messaggio di fiducia alle donne, esortandole a superare i «tabù» e a esprimere a pieno «la loro grande forza», che comunque va «liberata dai mille ostacoli che la ingabbiano». Ostacoli antichi, come quelli che spesso si frappongono alla maternità, ma anche nuovi, come i rischi messi in campo dall’ideologia gender.
A una donna che sta per interrompere la gravidanza «direi di provare a darsi una possibilità, che non è sola, che lo Stato le darà gli strumenti necessari per non negare a se stessa la gioia di crescere suo figlio, di metterlo al mondo nelle migliori condizioni possibili», ha detto il premier, che rispondendo a una domanda sulla sua infanzia da figlia di una madre single ha ribadito che «ho avuto la fortuna di avere una madre e una famiglia che non mi hanno mai fatto mancare nulla, ma non posso dire che l’assenza di mio padre non abbia pesato nella mia vita». «L’ho capito pienamente quando lui è morto, e mi sono resa conto della profondità della sofferenza che il suo vuoto aveva creato in me. Non conosco nessuno che rinuncerebbe a uno dei propri genitori o che sceglierebbe di essere cresciuto solo dal padre o dalla madre. I bambini hanno il diritto di avere il massimo: una mamma e un papà».
La riflessione poi si è soffermata sulla maternità surrogata, rispetto alla quale Meloni ha ricordato che «è la legge italiana a dire che questa pratica non è lecita, non io». «Non credo – ha sottolineato – che commercializzare il corpo femminile e trasformare la maternità in un business possano essere considerate delle conquiste di civiltà. L’utero in affitto è la schiavitù del terzo millennio e non mi rassegnerò mai all’idea che possa essere l’esito di secoli di lotte per i diritti delle donne».
Tra le questioni che mettono in discussione quelle battaglie il premier ha indicato anche il gender, il fatto che «oggi si rivendica il diritto unilaterale di proclamarsi donna oppure uomo al di là di qualsiasi percorso, chirurgico, farmacologico e anche amministrativo». Ma «maschile e femminile sono radicati nei corpi ed è un dato incontrovertibile», ha ricordato, chiarendo di ritenere che questa tendenza andrà «a discapito delle donne». «Oggi per essere donna, si pretende che basti proclamarsi tale, nel frattempo si lavora a cancellarne il corpo, l’essenza, la differenza. Le donne – ha avvertito Meloni – sono le prime vittime dell’ideologia gender.