E’ incredibile come con l’avvento dei social-network la fotografia si sia rivelata non solo un atto in sé ma un modo di esprimersi, di far vedere e farsi vedere soprattutto. Che l’arte reputasse il prodotto fotografico imprimo di significato lo si sapeva già da decenni e lo confermano le mostre basate su immagini scattate dall’uomo in qualsiasi tipo di situazione e circostanza, a partire da guerre, eventi storici e culturali fino ad arrivare alla moda e all’arte stessa. Oggi siamo un po’ tutti fotografi. La maggior parte di noi scatta fotografie in continuazione; il web pullula di immagini di piatti fumanti prima di essere mangiati, foto di volti, dettagli, luoghi. Ma è tutto nuovo? No. Sarebbe banale infatti dare tutta la responsabilità di questo “fenomeno” ai social o semplicemente agli smart-phone che rendono tutto più veloce e semplice non rinunciando alla qualità. Il cibo, ad esempio, l’avevano già rappresentato artisti dal calibro di Cezanne, Caravaggio, Boldini, Caracci e molti altri. Certo, l’atto della pittura è diverso da quello fotografico ma è sempre voglia o bisogno di voler rappresentare, sia che lo si faccia per gli altri che per se stessi. Allo stesso modo, i cosiddetti autoscatti fotografici, avevano già fatto capolino nel mondo della rappresentazione visuale con Andy Warhol e, la Galleria d’Arte Moderna a Torino lo scorso anno aveva esposto la mostra “Il corpo solitario”, mettendo in scena esclusivamente autoscatti di uomini e donne sconosciuti. Ad oggi, camminando per le strade soprattutto di città d’arte quali Roma, Venezia, Firenze ma anche di Milano o della stessa Torino, è davvero difficile non incontrare per il tragitto ‘i mostri della fotografia’ nonché queste fotocamere digitali enormi accessoriste con tanto di obiettivo gigante. Non si tratta solo di turisti, lo si capisce dal fatto che si fotografa di tutto, dalla pozzanghera al cielo, non importa se nuvoloso o meno. Questo cosiddetto ‘boom’ che la fotografia sta vivendo non poteva non scaturire la curiosità degli studiosi. Infatti sono stati fatti diversi studi a riguardo e pare che scattare foto diminuisca inevitabilmente il ricordo reale di quel che si guarda. Certo, sembra davvero difficile immaginare di avere davanti una bellezza come il Colosseo e dimenticarsela perché la si è guardata attraverso l’obiettivo. Infatti, quello che due principali ricerche hanno valutato è la totale perdita dell’emozione e della sensazione che si perde o si modifica a causa della concentrazione che siamo costretti a porgere all’atto di fotografare. Nell’esperimento i partecipanti sono stati guidati durante la visita ad un museo, chiedendo loro di osservare alcuni oggetti esposti, ad un gruppo di loro è stato chiesto di fotografare gli oggetti stessi. Il risultato ha parlato chiaro: Chi scattava la foto ricordava meno particolari dell’oggetto rispetto a chi lo aveva solo guardato. L’effetto di ‘riduzione della memoria’ però si ha solamente se viene fotografato l’oggetto nel suo complesso; se si fa uno zoom su un particolare, il ricordo sembra essere ugualmente vivo che nel caso in cui non sia stata fatta la foto. Sarà vero? Beh, fotografi , sareste capaci di descrivere perfettamente nei dettagli il posto, l’oggetto, lo sconosciuto che avete scattato l’ultima volta? Senza riguardare l’immagine. Non vale barare.
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