Legge elettorale: riforma a prova d’ Aula

Comincia con uno slittamento l’esame della riforma della legge elettorale alla Camera. Il comitato dei nove che si doveva riunire in mattinata  per esaminare gli emendamenti prima dell’arrivo del testo in Aula si incontrerà invece  alle 16. La richiesta di uno slittamento è arrivata dal capogruppo Pd in commissione, Emanuele Fiano.   Questa decisione potrebbe far slittare la legge in aula, dove è in calendario dalle 15. Il relatore, Francesco Paolo Sisto di Fi,  assicura che  “l’esame dell’assemblea sarà sicuramente in giornata”,  precisando che lo slittamento dei lavori dell’Aula dovrà comunque essere stabilito dalla conferenza dei capigruppo. Molti gli emendamenti da ritirare, perché i tempi per la discussione sono contingentati. Ma da sciogliere  restano soprattutto i nodi politici, a partire da quello del rapporto tra questa riforma e quella costituzionale del Senato, che ha come conseguenza la durata della legislatura. Un banco di prova per Matteo Renzi, sia come premier che come segretario del Pd, visto che alcune insidie vengono proprio dalla sua minoranza interna.  Il premier tratta in prima persona,  cercando il punto di caduta che permetta di tenere in piedi l’intesa con Silvio Berlusconi,  ma allo stesso chiede tempo per rispondere alle preoccupazioni del Nuovo centrodestra e della minoranza Pd. E sulle riforme arriva anche il monito del presidente del Senato Pietro Grasso: “Se il processo di riforma che ci apprestiamo ad avviare in Parlamento fosse guidato dall’intento di compiacere superficialmente l’opinione pubblica senza affrontare i problemi in chiave organica, si consumerebbe un tradimento del Paese e dei cittadini”.  Il nodo attorno a cui ruota l’intera trattativa è ancora quello dell’entrata in vigore della nuova legge elettorale. Alfaniani e il fronte composito della minoranza dem, ma anche gli altri piccoli partiti della maggioranza di governo, chiedono che si vincoli l’entrata in vigore dell’Italicum alla riforma del Senato. E mettono sul piatto diverse soluzioni: il ‘lodo’ D’Attorre, ovvero il cancellare dall’Italicum le norme sul Senato per cui , il ‘lodo’ Lauricella per il quale la legge è applicabile solo dopo la riforma del bicameralismo, il ‘lodo’ Pisicchio per il quale l’entrata sarà  in vigore dopo un anno o 18 mesi.  Ma FI non vuole saperne e  dice no a qualsiasi termine differito per l’entrata in vigore della legge,  e minaccia di far saltare l’accordo complessivo sulle riforme facendo  mancare la maggioranza dei due terzi in Parlamento se l’impianto dell’Italicum sarà cambiato. “No al ricatto dei cespugli”, ha sintetizzato Brunetta. ”Noi ci siamo fidati di Renzi e  se saltasse l’accordo  tutto tornerebbe in discussione”, è la posizione di Giovanni Toti, che aggiunge:  “La riforma così come è stata sottoscritta deve essere approvata. E subito, senza ulteriori tentennamenti. Piccoli correttivi sono possibili, ma certo non provvedimenti che snaturino il senso dell’accordo siglato da Berlusconi e Renzi”. ”Il riferimento è a tutto ciò che posticiperebbe l’entrata in vigore della legge”. La Camera ha programmato 26 ore di dibattito quindi il voto sugli emendamenti potrebbe davvero concludersi tra la fine di questa settimana e quella successiva. Sono una cinquantina i nuovi depositati che si sommano alle 406 già presentate e ai 136 subemendamenti, arrivando a sfiorare quota 600. Ma, a causa del contingentamento, non tutti saranno esaminati. I gruppi potranno infatti mettere in votazione, viene spiegato, in totale circa 300 emendamenti al testo. Ma i voti potrebbero essere in concreto all’incirca 250, grazie all’accorpamento delle proposte di modifica identiche. Il problema, però, non sono i tempi, bensì il fatto che alcuni dei contraenti dell’accordo, mettono in discussione ciascuno questo o quel punto del testo. Ncd insiste sull’introduzione delle preferenze, mentre i partiti centristi della coalizione (Udc, Pi, Sc) chiedono un abbassamento delle soglie di sbarramento (il 4,5% per i partiti in coalizione e l’8% per quelli che corrono da soli).

 

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