Matteo Renzi ha indubbiamente raccolto un patrimonio di fiducia da parte dei cittadini, da parte degli elettori, e da parte degli italiani che confidano e credono in lui come motore della ripresa che affronti e risolva le problematiche del Paese. La principale questione da risolvere è rappresentata dal problema del lavoro da affrontare a largo raggio, sia sul piano finanziario che su quello industriale. C’è speranza, c’è fiducia e c’è ottimismo da parte della gente comune, delle persone ancora disposte a fare sacrifici, procedendo con onestà per andare avanti remando tutti in una stessa direzione per arrivare ad intravedere spiragli per i giovani, per i figli e per le generazioni future. Renzi tutto questo lo sa, perché ha raccolto attraverso i voti interiorità materializzate per trovare una uscita dalla Grande Recessione. C’è disagio in Italia, c’è disagio in Europa, che si è espresso anche attraverso i movimenti populisti votati anche dagli under 30. La disoccupazione giovanile è in Italia al di sopra del 40 per cento, mentre in Austria od in Germania è al di sotto delle due cifre. Tutto ciò è preoccupante perché rischia di consegnare intere generazioni ad un rapporto ostico con il mercato del lavoro. Sarà quindi fondamentale incentivare la creazione di posti di lavoro, piuttosto che puntare al mettersi in coda per la ricerca di un lavoro. Lavoro che attualmente non c’è. La domanda del lavoro deve essere ricreata anche attraverso l’allargamento della stretta creditizia alle imprese, a partire da quelle più piccole. Draghi ha spesso fatto riferimento ad i giovani nei suoi discorsi istituzionali, e vogliamo confidare che domani a Francoforte, sede della Banca centrale europea, ci sia un’offerta straordinaria di liquidità dedicata alle banche che fanno prestiti alle medie e piccole imprese. In Italia, in tal caso, l’impatto sarà ridotto, perché le imprese sono molto indebitate e gli istituti frenano sul credito perché i loro bilanci sono sotto esame della vigilanza europea, ma se questo avverrà , sarà comunque un buon punto di partenza. Purtroppo è questa per l’Italia una questione vitale, di cui il premier ed il ministro dell’economia ne sono a conoscenza, ed è giusto che la Commissione Europea abbia ricordato al premier che non è stata ancora attuata una riforma del lavoro. Sarà utile quindi utilizzare il potere contrattuale dei voti europei ricevuti per ricevere tempi più lunghi nei rientri del debito, reinvestendo il dovuto in una vera ed autentica riforma del lavoro.
Andrea Viscardi