La crisi globale che ha investito tutti i Paesi ha prodotto in alcuni casi effetti devastanti sull’economia degli stessi, provocando in alcuni casi fallimenti di grosse istituzioni creditizie ed aziende di ogni settore. I governi sono intervenuti in vario modo per sostenere le economie dei propri Paesi con provvedimenti di sostegno all’economia reale, nel tentativo di contenere gli effetti negativi della crisi sulle già depresse attività produttive. Ci si è resi conto che la ricchezza si crea con il lavoro e la reale produzione di beni e servizi e non con la finanza creativa e ciascuno ha tentato di arrangiarsi come meglio ha potuto per poter recuperare in tempi brevi quanto bruciato negli ultimi anni. Questo è avvenuto con provvedimenti di varia natura, quali ad esempio le iniezioni di liquidità fatte da Obama ad alcune istituzioni creditizie affinché le stesse sostenessero la ripresa del sistema economico USA, che per la verità stenta a decollare in quanto parte di queste risorse sono state utilizzate per coprire le cospicue perdite delle stesse banche e soltanto una minima parte è andata a sostenere le imprese . A tutto questo si aggiunga una congiuntura mondiale che vede come protagonisti la Cina, l’India ed altri Paesi emergenti che con i bassi costi di produzione riescono in ogni caso a sopravvivere e ad accrescere il tasso di competitività rispetto alle economie occidentali . Ma occupandoci dei problemi di casa nostra che interessano soprattutto le nostre piccole e medie imprese che rappresentano a livello produttivo circa il 90% del PIL nazionale. Infatti l’ossatura del nostro sistema produttivo è rappresentato da questa miriade di imprenditori che producono una fetta di ricchezza, che sommata alle altre costituisce la base imponibile che, attraverso la fiscalità, va ad alimentare le casse dello Stato che dovrebbe provvedere, attraverso una saggia e lungimirante politica economica, ad attuare tutte le misure necessarie affinché le imprese possano riprendere a produrre e creare quella ricchezza originaria che consenta al Paese di andare avanti in quel processo di crescita necessario per mantenere l’occupazione con un tenore di vita dignitoso ed adeguato a un Paese sviluppato. In realtà sono stati adottati numerosi provvedimenti per sostenere le imprese, tra cui ricordiamo l’allargamento della cassa integrazione a settori prima d’ora esclusi, il sostegno alle famiglie con i vari bonus, la possibilità data alle imprese in debito con il fisco di poter fruire di un maggior rateizzo o di attuare un piano di ristrutturazione del debito erariale attraverso l’utilizzo della transazione fiscale ex art.182 bis e ter della legge fallimentare, ed altri provvedimenti di sostegno affinché non si verificasse la catastrofe, come è avvenuto in Grecia e come si paventa in altri Paesi comunitari. Sia chiaro che tutti questi provvedimenti siano più di contenimento che di una vera e propria ripresa a più riprese annunciata, ma di fatto impalpabile malgrado alcuni indicatori diano segnali positivi. Perché l’economia non riparte? L’analisi di alcuni fatti fa emergere a chiare lettere che il problema della non ripresa risieda soprattutto nella difficilissima propensione del sistema creditizio a sostenere le imprese virtuose che malgrado la crisi continuano ad investire, ciascuna nel proprio settore, in risorse umane, in ricerca ed innovazione, e nella ricerca di nuovi mercati dove poter collocare i propri prodotti. Questi notevoli sforzi vengono regolarmente vanificati perché l’accesso al credito è divenuto veramente difficile, e quando si riesce ad ottenere qualcosa i tempi lunghi di accesso riducono l’effetto atteso dalle imprese nel senso che la tempestività dell’investimento rappresenta il primo passo per il successo di qualsiasi iniziativa. Il ritardo sicuramente ne riduce l’efficacia, fino a comprometterne il risultato. Quindi necessita una maggiore vicinanza del sistema del credito a sostegno delle piccole e medie imprese, perché altrimenti le stesse non potranno reggere l’urto della competizione globale e superare la crisi che in questo momento ne rallenta la ripresa. Inoltre è necessario promuovere le aggregazioni tra le piccole e medie imprese affinché si possa competere ad armi pari con i competitor stranieri ed europei. Sul fronte della fiscalità è utile ricordare che la pressione fiscale nel nostro paese è una delle più alte del mondo e ciò significa che il prelievo fiscale riduce al lumicino il margine di contribuzione delle già asfittiche finanze aziendali, incidendo negativamente sulla capacità delle stesse di poter competere con il resto del Mondo. Per cui spesso si verifica che pur di mantenere un minimo di competitività si ricorra ormai all’utilizzo delle varie forme di rateizzo che non risolvono il problema ma lo rinviano di qualche mese.
Antonio Gambino