Berlusconi e grazia

Con la sentenza che ha assolto Silvio Berlusconi nel processo Ruby è ritornata l’idea nel centrodestra di una forma di clemenza che possa definitivamente cancellare le pendenze dell’ex premier. Naturalmente parliamo di una grazia che possa assumere una sostanza politica. Uno scudo che lo difenderebbe dalla sentenza passata in giudicato e dai processi ancora in corso. Un punto iniziale di un percorso riformatore. La questione “grazia” è stata già trattata dal Quirinale, già archiviata ed anche motivata con dichiarazioni ufficiali. Il primo atto formale di Giorgio Napolitano risale ad un anno fa e Berlusconi era stato da pochissimi giorni condannato in via definitiva per l’inchiesta Mediaset. Va chiarito, dichiarò il capo dello Stato, che nessuna domanda mi è stata indirizzata a cui devo dare risposta. Si è sempre ritenuta essenziale la presentazione di una domanda, quale prevista dall’articolo 681 del Codice di Procedura Penale. Un modo esplicito per dire chiaramente che la procedura del motu proprio, ovvero l’iniziativa autonoma del Colle, era da escludere. Berlusconi, dal canto suo, riaffermò che mai sarebbe andato al Quirinale con il cappello in mano. In seguito la stato maggiore di Forza Italia inviò alcuni emissari per sondare il terreno, ovvero Gianni Letta e Gaetano Quagliariello. Napolitano in quelle occasioni fu chiaro: “Non ci sono le condizioni per l’intervento del Capo dello Stato e non solo non si sono create via via le condizioni per un eventuale intervento del capo dello Stato sulla base della Costituzione, delle leggi e dei precedenti, ma si sono manifestati giudizi e propositi di estrema gravità, privi di ogni misura nei contenuti e nei toni. Nulla è risultato più lontano dal discorso tenuto dal senatore Berlusconi dalle indicazioni e dagli intenti che nella dichiarazione dell’agosto scorso erano stati formulati”. Napolitano si riferiva a quando nella manifestazione di Via del Plebiscito l’ex Cavaliere aveva parlato di colpo di Stato. Successivamente e recentemente l’ex premier reclamava apertamente la grazia come “un dovere” a carico del capo dello Stato. In modo durissimo Napolitano rispose che è un diritto chiederla, ma non un dovere concederla. In pubblico poi Berlusconi torna alla carica sfidando i magistrati e ritornando sul “dovere morale” il concedergli un atto di clemenza. Napolitano non cambiò parere, e non cambierà posizione. Al momento le bocce sono ferme.

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