L’estate è tempo di festival, da Spoleto al Rossini di Pesaro, dallo Sferisterio di Macerta all’Arena di Verona sino al Teatro Greco di Taormina, la musica e la lirica la fanno da protagonisti. Sarà allora perlomeno curioso avvicinarsi ai vari appuntamenti non solo con i programmi di sala, ma con quel che ci racconta Gianfranco Plenizio, tra ricordi personali e storici, su quel mondo, le curiosità, ma anche le cattiverie, gli scherzi, gli incidenti più curiosi, tutto sempre affrontato col sorriso stampato in viso, perché ”show must go on”.
Certo, è anche capitato che invece lo spettacolo dovesse essere interrotto, come alla prima assoluta del Barbiere di Siviglia di Rossini all’Argentina di Roma, il 20 febbraio 1816, perchè dopo che vari inconvenienti si erano manifestati, dalle corde saltate di una chitarra al basso che inciampa entrando in scena ecco che sale in palcoscenico un gatto miagolante, uno di quelli che vivevano cacciando i topi che c’erano nei sottopalchi, il quale, cacciato con una calcio da un cantante, rientrò subito dal fondo correndo e strillando da una parte all’altra, senza riuscire a trovare più una via d’uscita, tanto che, appunto, si dovette calare il sipario. Famose e facili sono, come ovunque, le provocazioni salaci e tipica quella durante il Rigoletto, quando arriva il sicario che, dicendo: ”Questo è il mio strumento, vi serve?”, ed invece di indicare la spada fa un gesto inequivocabile al cavallo dei pantaloni, cui il celebre gobbo verdiano risponde ”No, al momento”, magari facendo gesti effemminati per il divertimento del pubblico. Allo stesso modo si ricorda Thomas Beccham che redarguì una violoncellista dicendo: ”Noi siamo fervidi ammiratori di ciò che lei ha fra le gambe, per questo ci dispiace vederlo maltrattato a questo modo”. Più forti e, nel ricordo di chi fu presente, davvero da sganasciarsi scherzi feroci a primedonne poco simpatiche, come a un’interprete di Tosca di notevole stazza alla quale, sotto le mura di Castel Sant’Angelo, da dove si deve buttare, invece del solito materasso fu messo a sorpresa un tappeto elastico, che la rimandò per aria, oltre le mura, almeno una decina di volte e nelle pose più sgangherate. Plenizio ricorda che, in questo ruolo, Maria Callas e Magda Oliviero erano le uniche che si ”suicidavano” buttandosi impavide con la testa in avanti, mentre la maggioranza fa ridicoli salti improbabili e Moserrat Caballè, fuggiva in quinta come per andarsi a buttare da un’altra parte. Gianfranco Plenizio è pianista, direttore d’orchestra e compositore che ha lavorato anche per il cinema, scrivendo colonne sonore per Billy Wilder e Fedrico Fellini e da vari anni ha poi iniziato un’attività di collezionista e studioso, dedicandosi in particolare alla vocalità cameristica dell’Ottocento pubblicando Libri e Cd. Ha così una lunga esperienza anche di lavoro nei teatri lirici e ricorda in particolare quella curiosa all’Opera del Cairo, interrotta poi dalla Guerra dei sei giorni nel 1967. Nel libro affronta vari temi, dalle pretese di certi registi, a indiscrezioni, legami e bizze tra amanti dietro le quinte, sino ai problemi con la legge di altri artisti. Allo steso modo, introduce, con leggerezza e ironia, alle diverse tecniche per dirigere un’orchestra: da una parte il gesto ampio e chiaro di Toscanini, dall’altra gli sguardi e il dimenar di braccia di Furtwangler . E poi c’è il caratteraccio di molti direttori o l’ironia feroce: Antonio Guarnieri a un compositore che gli faceva notare di essere nato lo stesso giorno della morte di Wagner replico’: ”le disgrazie non vengono mai sole!”.
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