Renzi e la sua natura postgiustizialista

Renzi si appresta a rottamare un ventennio di deriva giustizialista del Pd.

Il principale partito italiano, Pd, abbandona la linea giustizialista e si presenta , come è giusto che sia per un partito di sinistra, agli occhi del Paese come il partito più garantista. A nessuno sfugge che la battaglia di questi giorni, tra Renzi e i magistrati, è il risultato di questa svolta. Il taglio delle ferie per i magistrati, le riforme promosse senza consultare il’Politburo Supremo’ l’Anm, il rifiuto di condizionare le candidature in Emilia alle azioni intraprese dai pm, la difesa dell’amministratore delegato dell’Eni coinvolto in un’inchiesta su presunte tangenti negli accordi petroliferi in Nigeria, sono il segnale di questa svolta. La scelta del segretario del Pd sembra netta, è come se volesse rottamare, anche sul versante dei rapporti tra politica e giudici, un ventennio di deriva giustizialista. E’  lui stesso a dire” Basta con le derive giustizialiste, la politica prima di tutto”. La linea progressista e democratica del partito si sente pronta a rivendicare la libertà di giudizio verso i provvedimenti dei magistrati; la spinta decisiva è stata data anche dalla fine della stagione del berlusconismo. Significativa ed inequivocabile, in questa direzione, è stato l’atteggiamento tenuto dalla base del partito, che non ha protestato, anzi sembra aver accolto questa svolta come una sorta di liberazione che attendeva da tempo, un liberarsi, quasi, da un complesso di colpa e di inferiorità. Un ruolo decisivo ha giocato anche il grande successo elettorale delle ultime europee (40% dei consensi), che candida il Pd a partito guida del Paese .Il Pd , che grazie a Renzi diventa un partito interclassista a tutti gli effetti, che allarga i suoi consensi in aree politiche fino ad oggi impenetrabili, che ingloba chi , fino a qualche mese fa, proprio nel ventennale duello con le toghe, si trovava sul fronte avverso. E’ chiaro che la nuova svolta del partito dovrà essere sottoposta al giudizio degli elettori, perché senza consenso non si governa, che dovranno giudicare sull’efficacia delle riforme poste in campo. In ogni caso conseguenza inevitabile di questa nuova stagione politica che Renzi ha imposta al Pd, avrà delle conseguenze inevitabili, e, prima fra tutte, lo scontro scontro con il potere giudiziario, che nell’ultimo ventennio ha dettato in modo indiretto, il programma politico ed istituzionale del Paese, a volte inconsapevolmente eterodiretto da gruppi di potere estranei agli interessi del Paese, a volte volontariamente perché accecati da sete di potere politico e con l’ansia di abbattere l’avversario di turno, da loro considerato nemico, che ne ostacolava la marcia. Del resto negli ultimi vent’anni, la forza del sistema dei partiti è stata inversamente proporzionale a quella delle toghe, con buona pace della teoria sulla divisione ed equilibrio tra i poteri dello Stato

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