Deposizione di Napolitano al Quirinale: un’altra pagina di giustizia-farsa

Inopportuna ed inefficace, ha solo contribuito ad aumentare nella opinione pubblica, già di per sé confusa, il senso dell’ambiguità e dell’incertezza.

La deposizione resa spontaneamente dal Capo dello Stato, al Colle, ai magistrati della Corte d’Assise di Palermo, ha più il sapore di una ricostruzione di una stagione politica, che lo scopo di giungere ad una verità giudiziaria. In sintesi il tutto appare solo come un contentino ai magistrati palermitani, che in questo modo vedono legittimata ai massimi livelli istituzionali la loro tesi su una fase storica, quella tra la prima e seconda Repubblica, in cui la mafia tentò,con attentati sanguinosi, di costringere lo Stato a scendere a patti, quest’ultimi mai dimostrati con prove, semmai solo ipotizzati e, soprattutto dai verbali del Colle non emerge alcunché in questo senso. L’unico dato che risalta, a dire il vero abbastanza grottesco, è dato dalle innumerevoli domande che la difesa di Riina ha posto al Capo dello Stato e per la maggior parte non ammesse dal collegio giudicante. Ad una in particolare, se il Presidente Napolitano,all’epoca dei fatti Presidente della Camera dei Deputati, fosse a conoscenza del fatto che l’allora vice capo del Ros colonnello Mario Mori avesse chiesto a Luciano Violante di incontrare Ciancimino, il Presidente ha risposto di non saperne nulla. Risposta non irrilevante, soprattutto ai fini del processo in sede di Appello a Palermo che vede imputato il Prefetto Mori per la trattativa Stato-mafia, dopo che è stato assolto in primo grado. Quindi niente di nuovo è emerso, se non il ripetersi di fatti e circostanze arcinote. Il dubbio sull’opportunità di sentire il Quirinale permane con tutta le sue ambiguità. E nonostante tutti gli aspetti di legittimità che sembrerebbero giustificare l’iniziativa dei magistrati palermitani, rimangono sempre presenti i fantasmi dei ‘non detto’ sulla vicenda della trattativa Stato-mafia.Un’utilità, a dire il vero, però le 85 pagine di verbali riempite e rese note ce l’hanno:evidenziare la gravità degli episodi accaduti. Il Capo dello Stato pur non essendo obbligato si è reso disponibile a rispondere a tutte le domande ed i magistrati palermitani lo hanno ringraziato per la sua grande disponibilità. Rimane però, alla fine di questa vicenda, il dubbio atroce sull’opportunità di questa iniziativa e fa pensare a finalità diverse da quelle processuali strictu sensu, oltre ad aver contribuito ad alimentare nel Paese quel senso di ambiguità che si somma a quello di una latente ed onnipresente incertezza, che in questo particolare momento di crisi sociale, economica e politica non meritava sicuramente. Un’altra pagina di giustizia farsa!

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