Jobs act, accordo nel Pd

In calcio d’angolo la trattativa sul Jobs Act concretizza l’apertura del governo alla minoranza Pd. Nessun voto di fiducia sul testo del Senato ma l’approvazione alla Camera, in tempi brevi, del testo che uscirà dalla commissione Lavoro, è la mediazione trovata su un testo che recepirà le proposte sancite nella direzione Pd, a cominciare dalla tipizzazione del reintegro per i licenziamenti disciplinari. Vengono infatti introdotti i licenziamenti disciplinari per i quali l’articolo 18 permane e vengono stanziate più risorse per gli ammortizzatori sociali. In pratica è quanto la minoranza Pd aveva chiesto a Renzi per votare il testo.  “Un grandissimo passo avanti”, è il sigillo posto dal premier Matteo Renzi che parla di “partita chiusa” e di articolo 18 “superato”. Dopo la direzione dell’altra sera Renzi si era riunito con il vice Guerini,  il presidente Orfini, e  i due capigruppo Speranza e Zanda. Roberto Speranza, cuscinetto tra la sinistra Pd e l’ala maggioritaria del partito, ha  annunciato l’intesa che solo ieri sembrava inaspettata: “Non ci sarà nessuna fiducia al testo del Senato”.  Da Bucarest arriva la benedizione del premier: “Bene così, andiamo avanti, il primo gennaio andranno in vigore le regole sul lavoro”. I margini di trattativa per la minoranza sono finiti: “la partita è chiusa si voterà a ore”. Il timing  e l’avvicendarsi in Aula della riforma del lavoro e della legge di stabilità rispettano  le intenzioni del premier: il voto finale sul Jobs Act  entro il 26 novembre, per il giorno dopo è previsto invece l’approdo della legge di stabilità. E resta tutt’altro che escluso, come ribadisce Renzi, che sul nuovo testo della commissione sia messa la fiducia. Ma la mediazione trovata  sembra per ora bastare ad una buona fetta della minoranza. Si tratta di “modifiche vere, di contenuto, positive e che migliorano la delega, non solo sull’annosa questione dell’art. 18”, sottolinea Cesare Damiano, tra i protagonisti della negoziazione. E anche Stefano Fassina appare soddisfatto: “il governo prende atto del ruolo del Parlamento”. Ma l’intesa trovata con il gruppo Pd in commissione  vede subito insorgere di Ncd, a partire da Maurizio Sacconi, che chiede un vertice di maggioranza. In serata è lo stesso Sacconi, con Nunzia De Girolamo, a recarsi a Palazzo Chigi per un chiarimento’ informale. Incontro che, se da un lato serve a mitigare l’ira di Ncd dall’altro non basta a chiudere la frattura. “Si tratta, la partita è aperta”, è l’avvertimento lanciato da Sacconi che preannuncia nuovi incontri della maggioranza sul tema. Incontri che, tuttavia, difficilmente potranno mettere in dubbio quel punto di intesa trovato  sull’art.18, in particolare sulla tipizzazione del reintegro dei licenziamenti disciplinari.. Ed è soprattutto su questo punto che Ncd difficilmente farà concessioni,  laddove sulla riforma del lavoro è cambiato il punto di partenza, ovvero il testo del Senato. Il dibattito che ci sarà,  in commissione e in Aula,  si preannuncia intricatissimo. Renzi non è preoccupato di questo e fa capire che le resistenze di Ncd, contrario a modificare la delega inserendo il reintegro per i licenziamenti per motivi discriminatori, sono destinate a rientrare. La richiesta del voto di fiducia, che sicuramente accompagnerà i due passaggi parlamentari di approvazione del Jobs act non permetterà alcun distinguo.

Cocis

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