Le conseguenze della cecità di una classe dirigente che per 50 anni ha seppellito la Liguria sotto il calcestruzzo.
Qualche secolo fa’, un tal Leonardo da Vinci avvertiva: “L’acqua disfa li monti e riempie le valli, e vorrebbe ridurre la terra in perfetta sfericità, s’ella potessi”. Per troppo tempo il nostro Paese nel rapporto con la natura non è stato per nulla governato, ignorando le conseguenze che ne sarebbero purtroppo scaturite. Da questo presupposto essenziale ed ineludibile bisognerebbe ripartire; tornare a governare la nostra terra, perché è bellissima e nello stesso tempo fragile. Perché è unica al mondo. Per riparare ai suoi guasti occorrerebbe un grande progetto e grandi investimenti, ed insieme costituirebbero il volano per far ripartire l’economia dell’intero Paese. Su questo tema l’Europa non potrebbe opporre i suoi soliti ‘NO’. E quale occasione migliore se non quella di usufruire dei miliardi di fondi che l’UE mette a disposizione dei singoli stati dell’Unione, per realizzare infrastrutture e messa in sicurezza dei territori?. Occorre, quindi, un piano speciale per tornare a governare una terra così bella e fragile. Bisogna, però, essere credibili agli occhi dell’Europa e soprattutto di quei paesi più diffidenti che ci devono inevitabilmente assecondare in uno sforzo che condotto da soli sarebbe immane. Non basta vantarci di avere più siti Unesco di tutti, quando poi disattendiamo all’obbligo, contratto con il mondo intero, di custodirli e manutenerli. Quindi se dal nostro migliore passato possiamo trarre la forza per ripartire, dal nostro peggior passato dobbiamo trarre la lezione che ci eviti di commettere gli stessi criminali errori. E tornando alla tanto bella quanto martoriata Liguria, i suoi disastri furono annunciati nello stesso momento in cui iniziò l’infame sacco del suo territorio, circa 50 anni or sono. Già allora illustri geologi e noti cronisti denunciavano i progetti che ponevano mano alla cementificazione selvaggia di un territorio così bello, ma nello stesso tempo fragile. Ma il business ebbe il sopravvento sulla saggezza di coloro che amministravano e fu così che milioni di tonnellate di calcestruzzo si abbatterono su quelle terre, con le conseguenze che oggi tutti noi vediamo. Ma ne è valsa la pena? Bellissime cittadine sia a Levante come a Ponente, come Rapallo, Chiavari, Camogli, Sanremo, furono letteralmente inghiottite dal cemento. Furono creati sulle rive del mare squallidi agglomerati urbani che hanno deturpato la bellezza di questi territori, diminuendone nel contempo le loro naturali potenzialità turistiche.Furono stroncate ogni continuità tra mare e risorse dell’entroterra. Certo erano gli anni del boom economico ed una terra come la Liguria, povera ed emigrante non poteva perdere un’occasione del genere, anche a costo di future sciagure. A tal proposito nel 1966, il grande Indro Montanelli così commentava: ” Gli anni del boom passeranno alla storia come quelli della distruzione dell’ex Giardino d’Europa e la prova la fornisce la Liguria dove i miliardi sono affluiti con più alluvionale intensità. E concludeva con amarezza: ” Evidentemente il buon Dio fece il “giardino d’Europa” in un momento d’indulgenza e di abbandono. Poi si accorse della propria parzialità e la corresse mettendoci gli italiani come giardinieri”.