Libia, rientrati gli italiani evacuati

Nel porto di Augusta (Siracusa) avviene lo sbarco degli italiani evacuati dalla Libia a bordo di un catamarano maltese. Tre autobus delle forze armate sono utilizzati per trasferire gli italiani nella base di Sigonella e poi trasferiti in un aeroporto militare, probabilmente Ciampino (Roma), con un velivolo dell’aeronautica. Salvatore, siracusano, è il primo italiano a scendere dal catamarano che arriva dalla Libia nel porto di Augusta. Arriva da Tripoli, trascina due trolley, ma non vuole lasciare commenti. E annuisce vistosamente, per dire di sì, quando qualcuno gli chiede se gli è stato detto di non parlare. Poi però qualcosa dice: “La situazione a Tripoli è critica…”. E sull’Isis: “E’ già da un pezzo che è a Tripoli, lo ha detto anche la televisione. Adesso basta, ci sarà chi farà le dovute dichiarazioni”. Unica ambasciata europea ancora aperta dopo la grande fuga da Tripoli dello scorso agosto, è stata alla fine costretta, dall’aggravarsi delle violenze sul terreno e dall’avanzata dei tagliagole dell’Isis che sventolano le loro bandiere nere fin dentro la capitale libica, a chiudere “temporaneamente” i battenti e ad avviare il rimpatrio in nave, via Malta, degli ormai pochi italiani rimasti. In serata una nuova minaccia dei jihadisti contro l’Italia è arrivata proprio dalla Libia attraverso un video dal titolo “Un messaggio firmato con il sangue alla Nazione della Croce” nel quale si mostra la decapitazione dei 21 egiziani copti su una spiaggia del Mediterraneo. “Prima ci avete visti su una collina della Siria. Oggi siamo a sud di Roma… in Libia”, annuncia il boia con in mano un coltello insanguinato. La decisione di chiudere l’ambasciata a Tripoli “è stata resa necessaria dal deteriorarsi della situazione”, ha spiegato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, finito personalmente nella lista nera dei jihadisti come “ministro crociato” per aver dichiarato che l’Italia è pronta a fare la sua parte in Libia se le Nazioni Unite dovessero decidere di agire. Intenzione ribadita anche ieri dal premier Matteo Renzi. Nonostante la chiusura dell’ambasciata, l’Italia , ha però assicurato Gentiloni, resta al lavoro con la comunità internazionale per combattere il terrorismo e ricostruire uno stato unitario e inclusivo in Libia”, con l’ambasciatore e inviato speciale, Giuseppe Buccino, che “continuerà a partecipare” al negoziato avviato dall’inviato Onu, Bernardino Leon. Ora però serve “un impegno politico straordinario e una maggiore assunzione di responsabilità”, ha insistito Gentiloni in una nota, annunciando che giovedì riferirà in Parlamento per avviare un dibattito tra le forze politiche sull’eventuale partecipazione italiana a un intervento internazionale “in ambito Onu”. Forse i nostri politici ignorano il valore della politica estera che considerano una sorella minore, ed invocano il cappello internazionale, leggi bene Onu, e sfugge loro la portata di un intervento in termini politici e militari. Se si metterà piede in Libia con la patente Onu, Europa e Nato, bisogna avere prontezza e conoscenza dell’intervento. L’Italia, ad esempio, entrò nella missione in Libia nel 2011. Missione guidata da Francia e Gran Bretagna, con un appoggio dei Cruise americani, pur se aveva firmato pochi mesi prima con Gheddafi un trattato di cooperazione, approvato dal Parlamento a grande maggioranza. Il tutto per non restare ai margini e difendere gli interessi economici ed energetici. Fu nella realtà di fatto una virata della politica estera in Nordafrica che non passò inosservata. Le intenzioni del governo italiano, forse, sono confuse. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha fatto sapere che «l’Italia è pronta a guidare in Libia una coalizione di paesi dell’area, europei e dell’Africa del Nord, per fermare l’avanzata del Califfato arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste». I rischi di perdite tra i soldati in scontri e attentati sono alti. La missione militare comporta un costo umano, politico ed economico che i Paesi schierati contro Gheddafi nel 2011 non vollero accettare lasciando che il Paese sprofondasse nell’anarchia e nel caos dove adesso si è infilato il Califfato…

Cocis

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