Anche quest’anno Sara Favarò parteciperà al Salone Internazionale del Libro di Trino con una nuova pubblicazione. Il testo è frutto di dieci anni di ricerche, per comprendere il vero significato della canzone più popolare e più oltraggiata della tradizione siciliana e che nulla ha da spartire con l’allegro refrain. Il libro contiene in appendice il testo dell’atto unico teatrale “Dal ventre della terra” che, grazie alla partecipazione dell’attore Enzo Rinella, della cantautrice Francesca Calamaio e della stessa autrice, sarà in parte rappresentato durante la presentazione del libro. “Chi ascolta la celebre canzone siciliana -Vitti ’na crozza- crede che l’allegro motivo sia una sorta di inno alla vita, ma basta prestare attenzione alle sue parole per rendersi conto che si tratta di altro, scrive Sara Favarò. Protagonista della canzone è ’na crozza, ossia un teschio. Un teschio che, attraverso il suo racconto, si fa promotore di una forte denuncia sociale, rivolta principalmente contro determinate usanze della Chiesa cattolica di un tempo. La maggior parte delle persone ha sempre ritenuto che il famoso “cannuni” dove si trova il teschio, protagonista della canzone, fosse il pezzo di artiglieria cilindrico utilizzato per fini bellici, e che la canzone si riferisca ad un tragico evento di guerra. Ma così non è!”. Scrive il professore Francesco Meli dell’Università IULM di Milano nella prefazione al libro: “La storia narrata ha dell’incredibile. Con intensa indignazione Sara ripercorre l’ostracismo perpetrato dalla Chiesa, incredibilmente cessato solo verso il 1940, nei confronti dei minatori morti nelle solfatare. I loro resti mortali non solo spesso rimanevano sepolti per sempre nella oscurità perenne delle miniere ma per loro erano precluse onoranze funebri e perfino, insiste il teschio della canzone, un semplice rintocco di campana! La pietas verso i defunti non è assente nella classicità ed oltre ad essere invocata è non raramente riservata toperfino ai nemici: in effetti segnala un passaggio cruciale nell’affermazione di una condizione che siamo soliti definire “civiltà”. La voce del teschio implora che qualcuno riservi anche a lui questa pietas affinché una degna sepoltura, accompagnata da un’onoranza funebre che lo possa degnamente accompagnare nell’aldilà sia in grado di riscattare i suoi peccati e garantirgli una pace eterna dopo un’esistenza di stenti, contrassegnata da un lavoro massacrante in un’oscurità permanente….”.