Silvio Monfardini, direttore del Programma di Oncologia Geriatrica dell’Istituto “Palazzolo-Fondazione Don Gnocchi” di Milano, è stato premiato con il “B.J. Kennedy Award” per i suoi studi sui tumori degli anziani. Il prestigioso riconoscimento è stato conferito durante il 51° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso a Chicago fino al 2 giugno. Il premio, attribuito per la prima volta a un oncologo italiano, riconosce il contributo decisivo nella ricerca, diagnosi e trattamento del cancro negli anziani.“I pazienti tutti, anche quelli anziani, hanno diritto alle cure migliori e quindi a essere considerati nella loro complessità. E’ ora di smettere di ignorare questa fascia di popolazione e di condurre studi clinici ad hoc per valutare quali siano i trattamenti migliori per i pazienti con più di 70 anni”, sono alcune delle parole pronunciate da Silvio Monfardini durante la sua lecture in occasione del conferimento del premio. Monfardini, direttore del Programma di Oncologia Geriatrica dell’Istituto “Palazzolo-Fondazione Don Gnocchi” di Milano, è il primo italiano a ricevere questo riconoscimento che premia l’eccellenza nel campo dell’oncologia geriatrica. L’oncologo milanese è stato infatti un pioniere in questo campo, e fin dagli anni Novanta ha condotto studi e review che sottolineavano la mancanza di dati sugli anziani e l’assenza di strumenti adeguati per la loro valutazione. Una mancanza tanto più grave se si pensa all’invecchiamento della popolazione: già oggi il 60% del totale delle neoplasie colpisce gli anziani oltre i 65 anni e oltre il 70% delle morti per tumore si verifica in questa fascia di età, e nei prossimi anni le percentuali cresceranno ancora. Nonostante questo non viene riservata un’attenzione sufficiente a questa popolazione di pazienti, denuncia Monfardini, autore di più di 340 pubblicazioni scientifiche, di cui oltre 95 nel settore dell’oncologia geriatrica. “È fondamentale diminuire in questi pazienti il rischio operatorio con una valutazione geriatrica prima dell’intervento. Un aiuto potrebbe essere offerto in casi selezionati per alcune neoplasie dalla cosiddetta Radiologia Intervenzionale, meno invasiva, ma sono troppo pochi gli studi per i pazienti anziani in questo ambito”, spiega l’oncologo. Un altro settore che merita particolare attenzione, finora sottovalutato, è quello costituito dagli anziani lungo sopravviventi, per cui i controlli di follow up dovrebbero anche considerare gli aspetti legati ad altre malattie associate e i difetti funzionali non solo quindi quelli oncologici. Infatti il 39% degli italiani che convivono con una precedente diagnosi di tumore, quasi 900.000 persone, ha un’età compresa tra 60 e 74 anni, il 34% è over 75. In quest’ultima fascia di età, la percentuale di cittadini con diagnosi di neoplasia è particolarmente elevata. E mancano sperimentazioni sui pazienti fragili, non autonomi, che rappresentano almeno il 25% degli over 70. E’ ora di passare all’azione, di promuovere buone pratiche per migliorare la condizione di questi pazienti. Per esempio è fondamentale diminuire il rischio operatorio con una valutazione geriatrica prima dell’intervento. Per valutare le esigenze dei pazienti oncologici anziani, Monfardini e il suo gruppo di ricerca stanno conducendo uno studio, finanziato dal Ministero della Salute, in pazienti con neoplasie urologiche. “Abbiamo valutato 393 pazienti con cancro alla prostata, al rene o alla vescica prima che si sottoponessero a chirurgia o radioterapia e scoperto così che nel 20% dei casi si trattava di pazienti fragili, nel 38% di pazienti vulnerabili”. La conclusione preliminare a cui è giunto lo studio è che nei pazienti con neoplasia urologica sia necessaria una valutazione geriatrica per stabilire quali siano le loro necessità. Una stretta collaborazione fra geriatri e oncologi è quindi la chiave di volta per promuovere i diritti dei pazienti oncologici anziani.
Clementina Viscardi