Pace. Mai più guerra. Salvaguardia dei diritti fondamentali della persona umana. Sono questi alcuni dei tasti toccati da Papa Francesco durante la messa allo stadio Kosovo di Sarajevo, Bosnia, davanti a 65 mila persone. Una città considerata la Gerusalemme d’Europa, per la molteplice presenza di culture e religioni diverse, dove il papa è venuto come “pellegrino di pace e di dialogo”. Ed è una visita, la sua, che avviene 18 anni dopo quella di Papa Giovanni Paolo II. “La guerra – spiega il pontefice – significa bambini, donne e anziani nei campi profughi; significa dislocamenti forzati; significa case, strade, fabbriche distrutte; significa soprattutto tante vite spezzate”. “Voi lo sapete bene, per averlo sperimentato proprio qui – ha aggiunto poi – quanta sofferenza, quanta distruzione, quanto dolore”. Bisogna quindi rimboccarsi le maniche per fare e sostenere la pace perché “è un lavoro da portare avanti tutti i giorni, passo dopo passo, senza mai stancarsi” e ricorda le parole di Gesù nel Vangelo: ‘Beati gli operatori di pace’. “E’ un appello sempre attuale, che vale per ogni generazione – ha proseguito -. Non dice ‘Beati i predicatori di pace’: tutti sono capaci di proclamarla, anche in maniera ipocrita o addirittura menzognera. No, dice: ‘Beati gli operatori di pace’, cioè coloro che la fanno”. Messaggi forti che arrivano in un momento delicato, all’indomani delle minacce dello Stato islamico ai Balcani. E a tal proposito, il Papa ha detto che oggi “c’è chi vuole creare” un clima di guerra “e fomentarlo deliberatamente, in particolare coloro che cercano lo scontro tra diverse culture e civiltà, e anche coloro che speculano sulle guerre per vendere armi”. “Non una giustizia declamata, teorizzata, pianificata – ha aggiunto – ma la giustizia praticata, vissuta”.
“I responsabili politici – ha aggiunto Francesco – sono chiamati al nobile compito di essere i primi servitori delle loro comunità con un’azione che salvaguardi in primo luogo i diritti fondamentali della persona umana, tra i quali spicca quello alla libertà religiosa. In tal modo sarà possibile costruire, con concretezza d’impegno, una società più pacifica e giusta, avviando a soluzione, con l’aiuto di ogni componente, i molteplici problemi della vita quotidiana del popolo”. Affinché ciò avvenga, prosegue, serve l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti la legge “qualunque sia la loro appartenenza etnica, religiosa e geografica: così tutti indistintamente si sentiranno pienamente partecipi della vita pubblica e, godendo dei medesimi diritti, potranno attivamente dare il loro specifico contributo al bene comune”. Il Papa è poi tornato a parlare della multietnicità di “questa terra” dove esistono relazioni “cordiali e fraterne” tra musulmani, ebrei e cristiani. Delle relazioni importanti che “testimoniano al mondo intero che la collaborazione tra varie etnie e religioni in vista del bene comune è possibile – prosegue papa Bergoglio – che un pluralismo di culture e tradizioni può sussistere e dare vita soluzioni originali ed efficaci dei problemi, che anche le ferite più profonde possono essere sanate da un percorso che purifichi la memoria e dia speranza per l’avvenire”. In questo senso, i bimbi incontrati “tutti insieme, gioiosi”, sono la “scommessa” per il futuro.
Alessandro Moschini