Si terrà oggi, alle 17:30, la teleconferenza dell’Eurogruppo per discutere la richiesta di Tsipras per negoziare un terzo salvataggio. Intanto in nottata l’Fmi ha confermato di non aver ricevuto il pagamento da parte della Grecia che diventa il primo Paese avanzato a fare default nei confronti del Fondo Monetario Internazionale. Fitch taglia il rating della Grecia a “CC” da “CCC”. La Grecia è il primo Paese avanzato a fare default nei confronti dell’Fmi, a ‘saltare’ un pagamento al Fondo nei suoi 71 anni di storia. “Abbiamo informato il nostro board esecutivo che la Grecia è ora in arretrato, e potrà ricevere finanziamenti dall’Fmi solo se gli arretrati saranno pagati”, spiega in una breve nota il portavoce del Fondo, Gerry Rice. Dunque niente più aiuti ad Atene fino a quando non salderà il suo conto. E la richiesta di proroga dei pagamenti scaduti sarà esaminata dal board esecutivo “a tempo debito”. Ora, come scrive il Wall Street Journal, l’ipotesi Grexit, quella dell’uscita del Paese ellenico dall’Eurozona, è davvero più vicina. Anche se i negoziati in sede Ue proseguiranno ad oltranza. Perché nessuno in Europa, ma anche negli Stati Uniti, vuole correre anche il minimo rischio di una nuova crisi finanziaria. Intanto il mancato pagamento del governo Tsipras fa sì che l’Fmi si ritrovi “in acque inesplorate”, in una situazione del tutto inedita che potrebbe avere conseguenze sulla strategia e le politiche future del Fondo stesso, soprattutto per quel che riguarda il salvataggio dei Paesi in difficoltà finanziarie. In base alla regole dell’Fmi il mancato pagamento di 1,2 miliardi di dollari (circa 1,5 miliardi di euro) da parte della Grecia avrà quindi alcuni effetti immediati. Non solo Atene non sarà più in grado di accedere ai finanziamenti del Fondo fino a quando non avrà risanato la sua posizione. Ma il mancato pagamento si tradurrà anche in una serie di notifiche e procedure che potrebbero culminare nella perdita dei diritti di voto della Grecia in seno all’Fmi. Oppure, nel caso più estremo, si potrà verificare la sua ‘uscita’ dall’istituto di Washington. La conseguenza più importante, però, è quella simbolica, ed è quella di un Paese che gira le spalle a un’istituzione che da quando è stata creata a Bretton Woods ha sempre agito come prestatore di ultima istanza. E finora a fare default con il Fondo erano stati solo Paesi in via di sviluppo. E gli 1,2 miliardi di dollari della Grecia sono il caso maggiore di mancato pagamento da parte di un Paese membro dell’Fmi. Simbolico, infine, è anche il fatto che la Grecia è entrata nel Fondo nel 1945 ed è stato uno dei suoi membri fondatori. Certo è che l’insolvenza della Grecia ha conquistato tutti i media mondiali ed i social, tra i quali non poteva mancare internet. Su un noto portale internazionale di crowfunding, Indiegogo, Thom Feeney, ventinovenne londinese, ha indetto una piattaforma di raccolta fondi per aiutare il popolo greco. Sono stati raccolti 140mila euro in due giorni donati da più di 9mila persone. L’obiettivo della raccolta è fissato per 1.600.000.000 euro, pari alla quota che il Paese doveva restituire al Fondo monetario internazionale. Bisognerebbe raccoglierne circa 320 milioni al giorno per i prossimi 5 giorni per scongiurare l’irreparabile. Decisamente goliardici i “premi” mesi in palo da Feeney per chi contribuisce, che partono da una cartolina di Tsipras per chi invia 3 euro, all’insalata di feta e olive per chi ne mette 6 alle bottiglie di Ouzo, di vino greco per arrivare alla vacanza in grecia di chi dona 5mila euro alla gratitudine sempiterna dedicata all’eventuale “super-ricco di buon cuore” che volesse donare un milione di euro. È uno scherzo? No. Lo specifica Feeney nelle FAQ del progetto dove aggiunge: «1,6 miliardi di euro sembrano una somma impossibile, ma equivalgono a poco più di 3 euro al giorno per ogni cittadino europeo, cioè mezza pinta di birra in un pub di Londra». In realtà la crisi economica, i conti truccati, evasione fiscale e corruzione sono gli ingredienti del cocktail che ha portato la Grecia al tracollo finanziario. Il paese spende di più rispetto a quanto incassa con le imposte e solo una ristrutturazione profonda della sua economia potrà salvarlo dal default. Nei primi anni del XXI secolo l’economia greca sembrava tra le più sane: tra il 2000 e il 2007 il suo PIL, cioè il valore totale dei beni e servizi prodotti dagli operatori economici, cresceva del 6% all’anno. Il rating del debito, ossia la valutazione di affidabilità data alla Grecia dalle agenzie internazionali, era tra le più alte sul mercato: banche, governi e operatori economici privati continuavano a prestare denaro al paese convinti di riprenderlo con gli interessi. La crisi del 2008 e del 2009 ha colpito in maniera particolarmente dura il turismo e la distribuzione, due settori economici trainanti per l’economia greca che in soli due anni sono costati al paese il 15% delle entrate. Già nel 2004 il governo di Atene aveva dichiarato di aver truccato i conti per poter entrare nell’euro. Il rapporto deficit/PIL, che secondo i parametri dell’UE non può eccedere il 3%, era in realtà molto più alto: attorno al 12%. Ciò significa che la capacità del sistema paese di rimborsare i debiti verso i propri cittadini, per esempio i titoli di stato, e verso gli operatori economici stranieri, era molto più bassa di quanto dichiarato. Il maggior problema strutturale dell’economia greca è l’evasione fiscale. Secondo il Fondo Monetario internazionale ogni anno il governo perde circa 30 miliardi di euro di tasse, circa il 10% del PIL, una cifra enorme. A questa va sommato un altro 27,5% del PIL che secondo diversi analisti tra cui la Brooking Institutions andrebbe attribuito al “nero”. Insomma poco meno del 40% dell’economia del paese sarebbe di fatto esentasse. E poi ci sono gli sprechi: fino al 2011 l’80% delle spese dello Stato era destinato a salari e pensioni del settore pubblico che dà lavoro a oltre 500.000 persone.
Roberto Cristiano