Per anni considerate un problema del solo sesso femminile, ora le patologie della tiroide sono in aumento anche tra gli uomini e sono al secondo posto tra le malattie endocrine dopo il diabete per numero di casi con 500 mila pazienti solo in Italia. Milioni di italiani sono colpiti da malattie della tiroide ma solo 1 su 5 le conosce. L’ipotiroidismo, ad esempio, è una delle malattie endocrine più diffuse, troppo spesso non diagnosticate, che determina un gran numero di disturbi. Colpisce prevalentemente il sesso femminile con una più alta frequenza nella menopausa e in post menopausa ma si può manifestare fin dall’età pediatrica, nell’adolescenza e nell’età adulta. È stata chiamata “la malattia insospettabile” e questo dipende dall’aspecificità dei sintomi riconducibili anche a tante altre patologie. La causa dell’ipotiroidismo è una ridotta produzione di ormoni tiroidei oppure la loro mancata utilizzazione. L’ipertiroidismo, invece, è causato da un eccesso di ormoni tiroidei, provoca perdita di massa muscolare e dimagrimento, stanchezza, intolleranza al caldo, insonnia, nervosismo, ansia e agitazione, sudorazione eccessiva, tachicardia, tremore alle dita e diarrea. Può essere accompagnato da un aumento di volume della tiroide (gozzo) e da una protrusione caratteristica dei globi oculari. Le tiroiditi si hanno in forma acuta o suppurative, subacuta, cronica e autoimmune. Le tiroiditi suppurative sono rare, dovute ad infezioni della tiroide da parte di germi piogeni e produttori di pus, provenienti da focolai settici vicini o lontani alla ghiandola. La sintomatologia è caratterizzata da dolore nella regione anteriore del collo, dolore alla deglutizione, febbre e malessere generale. Poi ci sono i tumori. Il carcinoma papillifero è il più frequente dei tumori della tiroide, costituendo circa il 90% dei tumori primitivi della tiroide e circa l’1% di tutte le neoplasie. La sua incidenza, nelle casistiche rilevate in corso di autopsie di pazienti deceduti per altre cause, arriva fino al 60%, e l’incidenza di carcinomi papilliferi occulti in pazienti operati per patologia benigna della tiroide può arrivare anche al 20%. Questo sta a significare che la presenza di un carcinoma papillifero spesso non influenza l’aspettativa di vita, legata a diversi altri fattori. Il carcinoma follicolare, ha un’incidenza che varia dal 5% al 15% dei tumori tiroidei ed è più frequente dopo i 50 anni di età. Predilige il sesso femminile con rapporto che varia tra 2 e 5 ad 1 a seconda delle casistiche e metastatizza prevalentemente per via ematica ai polmoni ed alle ossa. Un fattore di rischio importante sembra essere la carenza di iodio nella dieta, essendo più frequente nelle area di endemia gozzigena, dove è più frequente la patologia benigna della tiroide. Il carcinoma midollare viene considerato un tumore della tiroide, ma in realtà sarebbe più giusto dire che è un tumore “nella” tiroide. Infatti non deriva da cellule tiroidee, ma dalle cellule C parafollicolari di derivazione embrionale diversa da quelle tiroidee. Queste cellule producono un ormone, la calcitonina, che è il marker specifico di questa neoplasia. È dovuto ad una modificazione genetica a carico del protooncogene RET che può essere scoperta da un apposito test genetico mediante un semplice prelievo di sangue. E anche nel sesso maschile, come in quello femminile, le forme subcliniche si accompagnano a un maggior rischio di fratture osseo, il doppio rispetto a quello delle persone con valori tiroidei normali. È quanto emerso in una recente metanalisi pubblicata sul Journal of the American Medical Association (Jama) che è stata discussa a Brescia a margine del Clinical Update in Endocrinologia e Metabolismo (Cuem). La ricerca ha preso in esame oltre 70 mila uomini, al 5,8% dei quali è stata riscontrata una forma subclinica di ipotiroidismo e al 3,2% ipertiroidismo subclinico, quelle condizioni in cui i valori ormonali sono al limite della patologia. Lo studio ha mostrato che un basso livello di Tsh, l’ormone tireotropo, prodotto dall’ipofisi anteriore che regola la produzione tiroidei T3 e T4, e una tiroide che tende a funzionare troppo sono associati ad un più alto rischio di fratture d’anca e vertebrali, il doppio del rischio dei soggetti con valori tiroidei normali. La relazione tra ormoni tiroidei e fragilità ossea è data da un aumento del turn-over osseo causato anche da un lieve eccesso di ormoni tiroidei circolanti. Un basso livello di Tsh è associato ad un rischio di 1,6 volte superiore di fratture d’anca e di 1,9 volte per tutte le ossa. Mentre i soggetti con una tiroide pigra non sembrano avere aumentato rischio di fragilità scheletrica. Le malattie della tiroide sono in aumento ma se diagnosticate nella fase iniziale possono essere trattate con successo. Un controllo specialistico e un esame del sangue possono prevenire le importanti complicanze cardiovascolari, ossee e metaboliche che anche una lieve disfunzione tiroidea, se non riconosciuta e adeguatamente trattata, può determinare. La tiroide è una specie di ‘centrale elettrica’ del nostro corpo e se qualcosa non funziona in questa ghiandola, non funziona in tutto il corpo, perché controlla il metabolismo e le sue principali funzioni, quali il battito cardiaco, lo sviluppo del sistema nervoso centrale, l’accrescimento corporeo, la pressione arteriosa, il livello di colesterolo, il peso, la forza muscolare e l’acutezza mentale. Si possono verificare aumento del senso di stanchezza, incapacità di fare lavori in cui si richiede velocità mentale, stipsi, senso di gonfiore, sintomi di uno stato ansioso-depressivo, che però sono molto sfumati e che quindi possono confondersi con altro.
Clementina Viscardi