Italian PM Matteo Renzi, with his wife Agnese Landini, meets today in Tokyo Japan's Emperor Akihito and his wife Michiko. Tokyo, August 3rd 2015. ANSA/PRESIDENZA CONSIGLIO/TIBERIO BARCHIELLI +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

Renzi in Giappone: ‘In Italia dobbiamo fare meglio dei maestri del passato’

“Vorrei sfidare la mia gente, il mio Paese. Potrà sembrare arrogante, perché migliorare il passato in Italia e Giappone è molto difficile, ma Leonardo diceva che è triste quel discepolo che non sorpassa il maestro”, dice  Matteo Renzi che nella conferenza all’Universita’ di Tokyo ha tenuto un discorso tutto incentrato sul valore della cultura lanciando anche una sfida. ‘Vorrei dire agli studenti che noi contiamo molto sulla capacità della nuova generazione di considerare la cultura come qualcosa da far vivere’, ha spiegato il premier spiegando che fare meglio dei maestri è una grande e complicata sfida, ‘ma essere uomini di cultura significa creare le condizioni per fare meglio del passato. Non è facile essere all’altezza della frase di Leonardo. Non è facile in politica, anche se in alcuni casi si può fare tesoro degli errori dei predecessori. In cultura fare meglio di ci ha preceduto è quasi eroico. L’Italia ha finalmente svoltato dopo anni di decrescita infelice. Segno più su tutto, dal turismo all’export, dell’attrazione investimenti esteri ai nuovi posti di lavoro, al pil dopo undici trimestri negativi. Segno che con le riforme le cose cambiano. Ma serve anche più consapevolezza e amor proprio perché voler bene all’Italia significa smettere di spararle e sparlarle contro. E fare di tutto per guardarci con gli occhi di chi ci vuole bene. Non di chi si lamenta soltanto’. In realtà all’Università di Tokio il premier riprendeva il discorso fatto all’ambasciata italiana con gli imprenditori italiani che investono in Giappone e con la comunità finanziaria nipponica, dove ha parlato di riforme e bellezza, senza disdegnare un avvertimento in vista della direzione Pd del 7 agosto sul sud con un ‘basta piagnistei’. Renzi all’ambasciata italiana a Tokio lanciò un messaggio: “Sul Sud basta piagnistei e rimbocchiamoci le maniche. L’Italia, lo dicono i dati, è ripartita. E’ vero che il Sud cresce di meno e sicuramente il governo deve fare di più ma basta piangersi addosso. Io e Abe, siamo colleghi e anche lui è impegnato in una riforma costituzionale. Certo lui è più fortunato perché ha solo due passaggi, ma noi andremo fino in fondo e faremo il referendum in cui i cittadini diranno sì o no. Sono due milioni e settecentomila i giapponesi che vengono in visita in Italia. Chi fa un viaggio di diecimila chilometri deve essere accolto con la massima attenzione e quindi dobbiamo mettere a posto di più le nostre città”. In pratica non era un ‘non so che’ lanciato nell’aria perché il presidente del Pd Matteo Orfini era intervenuto sulle questioni interne via twitter. “Che alcuni senatori del mio partito minaccino il ‘vietnam parlamentare’ contro il nostro governo a me pare incredibile. Ma forse sono strano io”. Renziani e minoranza Pd sono, infatti, sempre più ai ferri corti. Il tema caldo resta quello delle riforme sul quale, secondo indiscrezioni di stampa, l’opposizione dem starebbe preparando un ‘vietnam’ per il governo in Senato. A far capire che la minoranza non scherza è detto dai i senatori Vannino Chiti e Maurizio Migliavacca che vanno all’attacco: ‘La lealtà non è fedeltà acritica e si continua nel Pd su una china politicamente pericolosa prendendo a pretesto articoli o addirittura titoli anziché dichiarazioni, i soliti pretoriani dell’obbedire senza discutere si lanciano, nella solita successione preordinata, in polemiche prive di fondamento. Si inventano congiure, trappole, agguati. E’ grave che in questa schiera di volontari dell’intolleranza ci sia anche il presidente dell’Assemblea nazionale che avrebbe il dovere di garantire un pluralismo serio. Nel Pd attuale c’è spazio per chi abbia posizioni diverse su riforma della Costituzione, scuola, lavoro e welfare oppure è un disturbo insopportabile, un delitto di lesa maestà?”. Un chiarissimo attacco al segretario. In pratica non era un ‘non so che’ lanciato nell’aria perché il presidente del Pd Matteo Orfini era intervenuto sulle questioni interne via twitter. “Che alcuni senatori del mio partito minaccino il ‘vietnam parlamentare’ contro il nostro governo a me pare incredibile. Ma forse sono strano io”.  Non sarà quindi una passeggiata la direzione Pd del 7 agosto dedicata al Mezzogiorno. A partire dal rapporto tra Renzi e i governatori del Sud, tutti Pd ma non renziani. Al Nazareno ci saranno Rosario Crocetta, Vincenzo De Luca, Mario Oliverio e Michele Emiliano. L’ex sindaco di Bari già si muove da capo in pectore del Pd meridionale e non ha intenzione di fare sconti al premier-segretario: “Vogliamo fare un coordinamento delle Regioni del Sud per trattare con palazzo Chigi. Il governo non provi a dividerci, in passato bastava la promessa di fare una strada per spaccare il fronte, ora non più”. Sullo sfondo, la minaccia di una ‘rivolta’, complicata da gestire per un premier già alle prese con i numeri della crisi e con i dissensi dentro il Pd. Renzi da Tokyo manda alcuni messaggi chiari. Che servono in primo luogo a ribadire che l’operazione Sud intende gestirla lui, con i suoi tempi e i suoi modi, senza mettersi a trattare con questo o quello. In realtà i rapporti tra il Nazareno e i vari leader locali sono ‘difficili’ e Renzi non riesce realmente a controllarli. Roberto Speranza, lucano e leader della minoranza bersaniana, ha messo in chiaro che le parole non bastano, e neppure la convocazione della direzione dem. Serve una netta sterzata dell’azione di governo, perché la situazione del mezzogiorno è intollerabile e ci sono ancora da spendere 12 miliardi della passata programmazione 2007-2013. Emiliano, dal canto suo, rilancia un documento firmato nel 2014 da tutti i big del Pd del Sud. Un testo che, tra l’altro, insisteva sulla richiesta di deroghe concesse dalla UE che consentano il ripristino del credito di imposta per gli investimenti produttivi che producano significativi incrementi occupazionali e incentivi fiscali al fine di attrarre nuovi investimenti. Una sorta di tassazione agevolata per il Mezzogiorno, tema assai spinoso e di difficile realizzazione. Renzi, dal canto suo, sta lavorando fianco a fianco con il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, per poter arrivare alla direzione del 7 con un pacchetto di proposte che riguardano l’utilizzo dei fondi Ue e dei 30 miliardi del fondo di coesione interni per investimenti su porti, autostrade e ferrovie, e anche la creazione di un ministero che si occupi direttamente dello sviluppo del Sud. Dal Giappone, il premier lancia anche una stoccata ai sindaci, invitandoli a ‘lavorare di più nei prossimi mesi’, per poter accogliere i turisti che arrivano da lontano in delle città che vanno messe a posto. Un messaggio diretto in primo luogo a Ignazio Marino, dopo che il degrado di Roma è finito sulle prime pagine di molti giornali internazionali. Ma, Marino a parte, il feeling con i sindaci italiani rischia di svanire. L’annuncio di voler eliminare la Tasi prima casa ha preoccupato molti sindaci, visto che i rimborsi dello stato per le mancate entrate nel 2013 erano arrivati spesso in ritardo creando disagi alle casse dei municipi. L’idea di perdere questa entrata spaventa i sindaci. La manovra sulla prima casa peserà per oltre 4 miliardi sui conti dei Comuni. Renzi intende compensarli con dei trasferimenti statali, legge di Stabilità permettendo. Sarà forse vero, come scrive il Financial Times, che ‘il vento che spingeva Renzi si è fiaccato’. La sua sintonia e sincronia con gli umori popolari sembrano potersi evaporare nel giro di pochi mesi. Renzi cerca voti per una riforma del Senato ed ha puntato tutto sugli 80 euro  e sull’effetto drogante del Jobs Act, con incentivi alle imprese per assumere a tempo indeterminato, ma con la libertà di licenziamento che trasforma i contratti stabili in precari. Forse,  si è rivelato un errore di agenda perché le poche risorse disponibili potevano essere impiegate in politiche più forti sullo Stato sociale, come il reddito minimo di cittadinanza che esiste in tutta Europa fuorché Italia e Grecia. Ritornando al Giappone il premier incontrerà  sia l’imperatore giapponese che il primo ministro Shinzo Abe.

Roberto Cristiano

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