Andrea Orlando, ministro delle Giustizia, tocca il controverso tema dell’immunità esploso dopo il caso Azzolini: “Non voglio certo rimettere in piedi l’immunità per i parlamentari, ma bisogna prendere atto di una realtà. L’autorizzazione all’arresto ormai ha cambiato pelle, è diventata un’anticipazione di giudizio di colpevolezza o di innocenza ed è, comunque, una valutazione politica. Quindi, forse, è arrivato il tempo di riflettere su come ristrutturarla. Sia chiaro che è tema di discussione, ma non certo da affrontare adesso nel pacchetto riforme perché le rallenterebbe. Non voglio cambiare le regole dell’immunità, né tantomeno aumentare le protezioni parlamentari perché l’attuale meccanismo è giusto e fondato. Ma credo sia opportuno cambiare chi ne valuta i presupposti. La ragione è molto semplice perché bisogna evitare che le iniziative della magistratura possano ledere l’autonoma valutazione del Parlamento. Trovo giusta la schermatura rispetto ad atti del magistrato perché l’ha prevista l’Assemblea costituente ma credo che sia meglio rimettere il giudizio a un soggetto terzo che sia più libero di dire dei sì e dei no, e sia meno sottoposto alle contingenze”. Il ministro pensa ad un soggetto fortemente autorevole, quale potrebbe essere la Corte Costituzionale. Il problema nasce, secondo Orlando, dalla pressione mediatica, ben divisa tra innocentisti e colpevolisti, per le richieste di arresto di un parlamentare. La Consulta, in qualità della sua autonomia, non deciderebbe sulla base di un spinta mediatica. In realtà, affidare la decisione alla Consulta, potrebbe essere una possibile soluzione che toglierebbe alle Camere la facoltà di decidere le questioni di giustizia di deputati e senatori. Ormai si è rovesciato lo schema, ragiona Orlando, e se nel passato le richieste a carico di deputati e senatori venivano regolarmente rispedite al mittente, adesso nella stragrande maggioranza dei casi vengono accettate. Sottrarre la materia allo stesso Parlamento è possibile perché questa viene spesso caricata di significato politico e si guarda poco al merito. Restando sulla vicenda Azzollini, e sulle parole di Matteo Renzi che ha difeso la libertà di coscienza ai senatori del Pd, Orlando non ha condiviso la frase di Debora Serracchiani che, dopo il no all’arresto aveva detto che il Pd doveva chiedere scusa. ‘Io una frase così non l’avrei pronunciata e prima di parlare sarebbe meglio avere piena contezza di tutto quello che c’è scritto nelle carte, soprattutto quando si tratta di temi così delicati come quello della privazione della libertà personale’.
Roberto Cristiano