ROMA. Il volume delle ore di cassa integrazione guadagni (Cig) dei primi sette mesi del 2015, conferma la mancanza di attività produttiva (zero ore) per circa 340 mila posizioni lavorative, sempre più incerte ed esposte al pericolo reale di perdere definitivamente il lavoro e il sostentamento per le loro famiglie. Questo è quanto viene riportato nel rapporto di luglio dell’osservatorio Cig della Cigl, frutto di elaborazioni delle rilevazioni sulla cassa condotte dall’Inps. Sempre nei primi sette mesi del 2015, il rapporto evidenzia che i lavoratori in cassa integrazione guadagni hanno perso complessivamente oltre 1 miliardo e 600 milioni di euro, del reddito al netto delle tasse, mentre ogni singolo lavoratore in cassa integrazione a zero ore, per tutto il periodo ha subito una riduzione del salario al netto delle tasse di circa 4600 euro. Il problema di fondo, sottolinea il maggior sindacato italiano, resta quello che un’occupazione e una ripresa stabile non si consolideranno, fino a quando la gran parte del sistema delle imprese non recupererà competitività nella propria offerta di merci, anche verso il mercato interno, per innovazione, costi e qualità, mentre la domanda interna dovrà essere sostenuta da una ripresa del valore economico delle retribuzioni e delle pensioni. Il lavoro, purtroppo continua ad essere la prima emergenza, in modo particolare quello giovanile, il rapporto precisa che per creare occupazione non occorrono leggi sul lavoro, ma sono necessari progetti industriali e interventi strutturali, mettendo in campo nuove risorse finanziarie straordinarie per investimenti produttivi, senza deprimere ulteriormente i redditi da lavoro e da pensione, ma recuperandole dalle rendite finanziarie e patrimoniali. Infine con riferimento alla riforma degli ammortizzatori, la Cgil afferma che proprio il diverso utilizzo degli strumenti (Cig, Cigs e Cds) dà conto di un quadro di incertezza sulle prospettive di ripresa produttiva sui reali effetti sull’occupazione. “Per questa ragione chiedevamo una riforma universale degli ammortizzatori e un piano straordinario sulle politiche attive che nel Jobs Act non ci sono”.
Fabio D’Amora