I Paesi post-comunisti usciti dalle macerie dell’impero sovietico riscoprono il nazionalismo, a tratti condito da derive xenofobe.
Mentre si allungava la fila di disperati in marcia verso Vienna, la Repubblica Ceca e la Slovacchia respingevano il criterio di ripartizione delle quote da assegnare a tutti i paesi UE. Non hanno alcuna intenzione di farsi carico di un problema dalle dimensioni epocali, che va oltre ogni eventuale responsabilità di questo o quel governo. Difronte ad una tragedia di dimensioni planetarie, sembrano sordi e pronti a voltarsi dall’altra parte. L’unica risposta che sanno dare ai poveri cristi è il manganello, vecchio retaggio dei regimi comunisti.Lo spettacolo indecoroso a cui l’Europa ed il mondo intero ha dovuto assistere è stato la marchiatura con il pennarello, usata dai poliziotti cechi, che ci ha portato con la memoria indietro di 70 anni, quando le SS marchiavano i prigionieri all’ingresso dei lager. Secondo una stima dell’Alto Commissariato per i Rifugiati, le persone costrette a lasciare il proprio Paese è salito circa 60 milioni, di cui ben 14 milioni per persecuzioni politiche e guerre. La deriva xenofoba, di matrice neonazista che è presente nei paesi dell’Est Europa, aumenta di giorno in giorno e finisce inevitabilmente per condizionare la politica dei governi, anche di quelli moderati e non di destra conservatrice, come quello ungherese. Tutti questi Paesi sembrano aver dimenticato tutta la solidarietà e l’aiuto che gli veniva dall’occidente europeo, quando pativano le dittature comuniste. E’ sconcertante quello che avviene in Russia, diventata un luogo mortalmente pericoloso per immigrati dalla pelle scura; si stima che in un anno siano avvenuti più di 140 omicidi. Per non parlare poi dei gruppi neonazisti e xenofobi, secondo alcuni dati fornite dalle autorità, pare ne siano stati censiti quasi duecento. In Bulgaria addirittura, il partito di estrema destra, Ataka, capeggiato da Volen Siderov, accusava gli ebrei di aver cospirato contro i bulgari ortodossi. Quanto detto non deve essere assolutamente frainteso, nel senso che l’Europa non può farsi carico di tutto e né può andare avanti con inefficaci quanto inutili tentativi di arginare una situazione, che per le sue proporzioni ha bisogno di interventi corali e programmati, di comune concerto anche con gli Stati Uniti, Russa e Cina. La soluzione più seria, anche se la più dolorosa sarebbe quella di entrare in guerra con l’Isis che sta generando con la sua scellerata azione gran parte di questa migrazione. Ma guai a parlare di guerra! Si deve usare la diplomazia! Intanto i prodromi di tante guerre civili s’intravedono nei paesi della vecchia e cara Europa. A chi giova questa situazione?