L’Aula di Montecitorio ha approvato con 259 voti favorevoli e 143 contrari la riforma della Rai, che torna ora al Senato in terza lettura. Il ddl si compone di cinque articoli che tracciano il ‘restyling’ del servizio pubblico e il cuore della riforma è nella ridefinizione della governance. Cambia il cda, che passa da 9 a 7 componenti di cui due di nomina governativa, quattro scelti da Camera e Senato e uno dai lavoratori. Ma cambia, soprattutto, il ruolo del direttore generale che diventa amministratore delegato con capacità autonoma di spesa e di applicazione del piano industriale. Il super dg potrà inoltre nominare i dirigenti, anche se per i direttori di reti e testate avrà bisogno del parere vincolante del Cda. Sono soddisfatto del voto ma anche del confronto, che è stato a tratti anche molto duro, ma nel merito molto chiaro, consentendo di mettere in luce gli elementi veri della riforma, dice Antonello Giacomelli, sottosegretario alla Comunicazioni, commentando l’ok della Camera al ddl Rai. Questa riforma chiarisce le responsabilità dei diversi soggetti in campo e accentua la dimensione aziendale della Rai, eliminando una commistione impropria fra gestione dell’azienda e politica e questo era il nostro obiettivo. ‘La Tv è cambiata, ed era tempo di cambiare anche la Rai. Con #RiformaRai costruiamo un servizio pubblico più moderno, vicino al modello della mitica Bbc, e che assicura una gestione trasparente ed essenziale’, è quanto scrive su facebook il capgruppo Pd alla Camera Ettore Rosato: ‘Sarà una Rai vicina ai cittadini e più lontana dalla politica, che non rinuncia a informare e a far capire. Un’azienda innovativa, più autonoma e più libera, capace di valorizzare le enormi potenzialità e professionalità di cui dispone, tornando ad essere centro d’eccellenza non solo nella diffusione, ma anche nella produzione audiovisiva’. ‘E’ nauseabondo osservare la finta opposizione di Forza Italia a questa riforma della Rai che consegna al presidente del Consiglio le chiavi della televisione pubblica. Il legittimo sospetto è che Renzi e Berlusconi, con i loro colonnelli Gasparri, Romani e Anzaldi, siano pronti a spartirsi nomine e direzioni delle nuove newsroom e delle reti Rai’, affermano i deputati 5 stelle Roberto Fico, Mirella Liuzzi e Dalila Nesci. Forza Italia ha ritirato diversi emendamenti in commissione e poi in Aula non è intervenuta, dimostrando nessun interesse a cambiare né a bloccare il provvedimento. Il ruggito di Brunetta si è trasformato in un tenue miagolio. La realtà è semplice, perché l’attuale premier sta realizzando il disegno berlusconiano. E nessun intellettuale o girotondino muove un dito, l’unica vera opposizione viene dal Movimento 5 Stelle, concludono. Il giorno dopo l’approvazione alla Camera della riforma Rai, parla la presidente della Rai, Monica Maggioni, che considera che si è compiuto un passo avanti che ci fa assomigliare ad un’azienda normale. Maggioni affronta le questioni più spinose della tv di Stato, la cui riforma ora passa al Senato. Dai poteri del direttore generale allo share, fino alla rivoluzione dei palinsesti che vanno ripensati. Così come i talk show, il cui format sta segnando il passo perché non esprime più innovazione. Un progetto per attrarre nuovi spettatori, soprattutto gli under 35, ormai scomparsi dal pubblico Rai fa parte di un percorso possibile: ‘Nello stesso tempo dobbiamo dare una nuova mission al servizio pubblico, più valori, più cultura. Trasmettere l’idea di un mondo complesso e non semplificato’. Sulla trasformazione dei canali generalisti, la presidente della Rai apre. La riforma delle news, invece, passa dai nuovi direttori di rete e di tg. Il punto cruciale sono i talk show, in crisi di share e di identità. Il format sta segnando il passo e non esprime più innovazione. Le prime vittime sono i politici. Vince chi grida di più. Ma gridando nessuno capisce. Se hai 8 persone in studio è tutto superficiale. Gli piace sottolineare la coincidenza , ad Antonello Giacomelli, perchè nel giorno in cui la Camera votava la riforma della Rai, ha incontrato i vertici di Netflix. Da una parte il broadcaster più tradizionale, dall’altro la realtà più innovativa. Giacomelli è l’uomo che per il governo sta seguendo il percorso di metamorfosi della tv pubblica, a partire dal canone in bolletta fino alla nuova governance. E’ ovviamente soddisfatto del voto favorevole di Montecitorio al ddl Rai e ora aspetta che in tempi brevi il Senato dia il via libera definivo alla riforma che ridurrà e modificherà il numero dei componenti del consiglio di amministrazione e che concederà super poteri all’amministratore delegato. Nello sbarco di Netflix sul mercato di casa nostra, Giacomelli non vede nulla di cui avere timore. Anzi, la considera una sfida per tutta l’industria culturale italiana. Racconta dell’incontro avuto ieri con i vertici della società di streaming americana e il ministero dei Beni culturali. Sono venuti a dirci, spiega, che guardano con attenzione al nostro Paese sia come mercato che come produzione. Hanno confermato la volontà di investire, di puntare sul rapporto con l’Italia e l’Europa. E’ un elemento positivo. Netflix è una società statunitense nata nel 1997, che offre un servizio di noleggio di Dvd e videogiochi via Internet e, dal 2008, anche un servizio di streaming online on demand, accessibile tramite un apposito abbonamento. Da oggi Netflix è arrivato anche in Italia col suo catalogo digitale di serie tv, film e documentari. ‘Una Rai trasformata e esperienze come Netflix faranno bene al sistema Italia’, afferma Giacomelli.
Cocis