epa05139221 US Republican presidential candidate Ted Cruz greets supporters after winning Iowa's much coveted caucus, the first-in-the-nation electoral event of the 2016 presidential election, at the Iowa State Fairgrounds in Des Moines, Iowa, USA, 01 February 2016. The next electoral challenge for presidential contenders is New Hampshire's primary on 09 February. EPA/JIM LO SCALZO

Usa 2016, Cruz batte Trump, sorpresa Rubio. Pareggio tra Clinton e Sanders

Con i ‘caucus’ dello Iowa, piccolo Stato del Midwest, l’America dà il via a quel lungo e articolato processo che è la scelta del suo presidente. Il primo voto c’è stato ieri ma nella formula che è simbolo per eccellenza della democrazia dal basso di cui l’Iowa, che inaugura la stagione delle primarie, ne è emblema con le sue assemblee di cittadini che, a volte anche per alzata di mano, scelgono chi far proseguire nella corsa. Per questo da settimane erano tutti in Iowa in una maratona di eventi e comizi per convincere gi abitanti di questo piccolo Stato essenza dell’America profonda, che prendono molto sul serio il loro ruolo da battistrada tanto da essere considerati acuti osservatori. Vanno conquistati, e spesso uno per uno, incontrandoli nelle palestre delle scuole, in fattorie, in centri commerciali, nelle chiese. Eventi piccoli e piccolissimi per guardarsi negli occhi e scegliere il prossimo presidente degli Stati Uniti e Commander in chief. Il termine caucus, come dicevamo in un precedente articolo, è mutuato dai nativi americani e significa ‘consiglio’. Il meccanismo è diverso da quello più formale delle primarie, utilizzato nella maggior parte degli Stati dell’Unione. Il voto non avviene nel segreto dell’urna ma si esprime con una firma su schede con stampato sopra il nome del candidato prescelto o anche per alzata di mano. Ogni assemblea sceglie il metodo da seguire. Una volta contati i voti, ogni caucus li trasmette alle strutture centrali del partito che li elabora e li diffonde ai media. Tutti possono partecipare alle assemblee, anche gli elettori di un partito diverso, cosa che non succede nelle primarie cosiddette ‘chiuse’. Perché se l’Iowa è solo la prima tappa delle primarie che attribuiranno la nomination a uno dei contendenti di ciascun partito da ‘investire’ poi ufficialmente alla convention in estate prima della sfida a due per la Casa Bianca, non di rado chi è stato in grado di conquistare questo Stato ha poi conquistato anche la nomination e poi la presidenza. La cavalcata trionfale di Barack Obama partì proprio da qui, con l’allora giovane senatore dell’Illinois che batté la favorita e molto più nota Hillary Clinton. L’attuale portavoce di Obama, Josh Earnest, fu responsabile della campagna proprio in Iowa e ricorda come fu allora, tra le strade più urbane come nelle contee rurali punteggiate da cartelloni con la parola ‘Hope’ (speranza) che si capì come Obama fosse capace di attirare l’interesse dei giovani. Fu lì, in Iowa, che si sentì per la prima volta il polso di quell’entusiasmo che caratterizzò la corsa di Obama fino alla Casa Bianca. Una sfida fra ricette economiche opposte e diverse filosofie per affrontare le emergenze globali, dalla Siria all’Isis, passando per la lotta ai cambiamenti climatici. Sono questi i principali temi della campagna elettorale per le presidenziali americane del 2016. L’immigrazione è un tema chiave per attirare i voti decisivi dell’elettorato ispanico, che nel 2008 e 2012 ha avuto un ruolo fondamentale nel trionfo di Obama. Si va da Hillary Clinton e Bernie Sanders favorevoli ad una riforma che legalizzi chi è già nel Paese se ha i requisiti necessari, a Donald Trump e Ben Carson che vogliono muri ai confini col Messico e il Canada. Più moderato Jeb Bush, che riconosce la necessità di una riforma complessiva . Altro tema riguarda le armi e la potente lobby della Nra è un’importante finanziatrice dei repubblicani, contrari a ogni tipo di stretta. E se a destra qualcuno chiede di armare scuole o chiese per contrastare le stragi, Clinton suggerisce non solo di rendere obbligatori i controlli su chi acquista fucili e pistole, per verificare precedenti penali o disturbi psichici, ma anche di valutare la strada del riacquisto delle armi, come in Australia. Sul tema tasse i repubblicani sono favorevoli a una riduzione dell’imposizione fiscale sulle aziende e contrari a più tasse per i ricchi. I democratici si schierano a favore della classe media, che meno sente i benefici della crescita economica, e propongono un aumento delle aliquote per i Paperoni e per le grandi aziende per finanziare programmi pubblici. Scontro anche sul completamento della riforma di Wall Street e sul porre limiti ai rischi delle grandi banche. Riguardo agli accordi commerciali quello raggiunto con i Paesi del Pacifico (TTP) e quello in dirittura d’arrivo con l’Europa (TTIP) sono stati fortemente voluti da Obama, che assicura la nascita di moltissimi posti di lavoro. Ma oltre che dai repubblicani tali intese sono fortemente contrastate dal candidato democratico Bernie Sanders, che accusa Hillary Clinton, una volta ‘fredda’, di aver cambiato idea. L’accordo sul nucleare iraniano è criticato duramente dai candidati repubblicani, convinti che di Teheran non ci si possa fidare e che l’intesa mini i rapporti con Israele, alleato storico degli Stati Uniti. Hillary Clinton e Bernie Sanders sono invece favorevoli all’accordo, convinti che favorisca la pace in Medio Oriente. Sull’invio di truppe anti-Isis in Iraq, Siria e ora anche in Libia per la lotta all’Isis divisi anche i due candidati democratici. Riguardo al clima di fronte a chi nega il problema dei cambiamenti in atto, primi tra tutti i repubblicani, Clinton e Sanders propongono misure per limitare le emissioni delle industrie, a partire da quella petrolifera. Clinton inoltre ha preso le distanze dalla decisione di Obama di consentire le trivellazioni in Alaska e si oppone all’oleodotto Keystone tra Canada e Stati Uniti. Ritornando ai risultati di ieri Ted Cruz batte Donald Trump in Iowa, staccandolo di ben quattro punti. Mentre sul fronte democratico, quando il 99% dei voti e’ stato scrutinato, e’ sostanziale pareggio tra Hillary Clinton e Bernie Sanders: ‘Too close to call’, dicono i media americani, troppo vicini i due candidati per dichiarare un vincitore, con la ex first lady avanti di un nulla. Loro che rispetto ai due frontrunner nel piccolo stato del midwest partivano in svantaggio. Mentre, al di la’ delle dichiarazioni ufficiali, un certo nervosismo serpeggia sia nell’entourage della Clinton sia tra i sostenitori di Trump, che deve subire anche lo smacco di essere stato quasi raggiunto dal giovane senatore della Florida Marco Rubio.  Quest’ultimo, l’uomo su cui punta l’establishment del partito repubblicano che mal sopporta sia Trump che Cruz, e’ la vera sorpresa dei caucus in Iowa, con uno sprint che lo ha portato a un solo punto dal tycoon newyorchese. Mentre per Jeb Bush e’ una debacle, con solo il 2,8% delle preferenze. Anche se lui non si da per perso: ‘La vera corsa per la Casa Bianca comincia in New Hampshire il 9 febbario’. Hillary parla quando ancora il risultato non c’e’, forse anche per la tempesta di neve che sta per abbattersi su Des Moines e che spinge un po’ tutti a fare presto, a ripartire il prima possibile. Hillary ha il 49,9% dei voti e Sanders il 49,6%. Per il senatore del Vermont l’Iowa ha parlato e con un messaggio chiaro: ‘E’ troppo tardi per la politica dell’establishment e l’economia dell’establishment’. Per Hillary torna l’incubo ricorrente, di nuovo l’Iowa, dove fu battuta da Barack Obama nel 2008, un ‘déjà vu’ reso ancora piu’ complicato dalla prossima tappa, il New Hampshire, dove Sanders e’ favorito e dove Hillary Clinton vuole volare subito. La festa piu’ grande c’è nel quartier generale di Cruz e in quello di Rubio. Il primo e’ raggiante: ‘L’Iowa ha parlato. Ha mostrato che la nomination repubblicana non sara’ decisa dai media, da Washington e dalle lobby, ma dal popolo’. E ricorre addirittura allo ‘Yes we can’, lo slogan di Barack Obama che nel 2008 proprio in Iowa comincio’ la sua cavalcata trionfale verso la Casa Bianca, battendo la Clinton. E Hillary e’ il principale obiettivo di Rubio: ‘La sconfiggeremo, cosi’ come sconfiggeremo Sanders. Non possiamo attendere un altro momento per riprenderci il Paese dopo sette anni di Obama’. Intanto il post-Iowa vedra’ anche due candidati in meno perchè si ritira l’ex governatore del Maryland Martin O’Malley, lasciando sul campo democratico una lotta a due. E tra i repubblicani rinuncia Mike Huckabee. A dare sostegno a Hillary è sceso in Iowa il clan Clinton al completo. Con la candidata a incontrare i partecipanti alle assemblea da un capo all’altro dello Stato ci sono Bill e Chelsea e quest’ultima sale sul palco con la madre tappa dopo tappa, mentre in zona si aggira anche Charlotte, la nipotina dell’aspirante presidente. Anche Jeb Bush è accompagnato dalla famiglia, a Sioux Center nel nordovest dell’Iowa arriva con il figlio Jeb Jr e la figlia Noelle. ‘Questa è una questione di famiglia’, dice aprendo il suo intervento. Ma non basta. Nemmeno la ‘febbre della politica’ che pervade l’Iowa fa parlare di Jeb. Gli occhi sono puntati sullo scontro Trump-Cruz. E allora se alcune della differenze sono evidenti perché l’esuberanza del magnate è inimitabile, è sulle sfumature delle similitudini che si gioca la partita, con opinione diffusa che su questo territorio è Cruz ad avere più presa. Così è guerra di messaggi e botta e risposta a distanza fra i due. Sono più umile di quanto molta gente pensi, afferma Trump, ostentando però fiducia sull’esito delle primarie: ‘Nessuno degli altri vincerà’.

Cocis

 

 

 

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