Un'immagine aggiornata di Giulio Regeni, lo studente friulano scomparso in Egitto, diffusa sui social network dagli amici che hanno avviato la campagna #whereisgiulio. 2 febbario 2006. ANSA/ TWITTER +++ NO SALES - EDITORIAL USE ONLY +++

Giulio Regeni ucciso in un appartamento al centro del Cairo

Una nota attivista egiziana, Mona Seif, ha sostenuto su Twitter e Facebook che l’investigatore capo del caso Regeni ha un precedente per tortura. ‘Khaled Shalaby, l’ufficiale cui è stato assegnato il caso di Giulio Regeni, fu condannato da un Tribunale penale di Alessandria nel 2003 per falsificazione di rapporti di polizia e, assieme a due altri funzionari, per aver torturato a morte un uomo’, scrive in inglese Seif sulla sua pagina Facebook cui rimanda un suo tweet. Shalabi fu condannato a un anno di prigione e la sentenza fu sospesa, si limita ad aggiungere il testo che allega un link a un blog e al sito dell’Ong Arabic Network for Human Rights Information (Anhri). Il generale Shalabi è l’inquirente che, presentato col titolo di direttore dell’Amministrazione generale delle indagini di Giza, in dichiarazioni rilanciate giovedì da un sito egiziano aveva sostenuto che per Regeni le indagini preliminari che parlavano di un incidente stradale. Seif è sorella di Alaa Abdel-Fattah, uno dei più importanti attivisti e blogger egiziani che nel febbraio dell’anno scorso è stato condannato a cinque anni di reclusione per aver partecipato nel novembre 2013 a un raduno non autorizzato sfociato anche in violenze contro la polizia. Seif è diventata famosa per il suo attivismo durante e dopo la rivoluzione egiziana del 2011.Il sito dell’ Arabic Network for Human Rights Information (Anhri), l’ Ong cui rimanda il link dell’attivista Mona Seif, scriveva nel 2007 che il 18 giugno 2003 la corte d’Assise di Alessandria ha condannato a un anno di carcere con la condizionale tre poliziotti: ‘Il tenente colonnello Khaled Shalabi e i capitani Haitham el Kilani e Abdel Ghaffar el Dib per aver ucciso un cittadino, Shawki Ahmed Abdel, dopo averlo torturato’. Shalabi in queste ore è capo delle indagini su Regeni e il sito Elwatannews ancora oggi scriveva che le forze guidate dal generale Khaled Shalabi, direttore del Dipartimento generale delle indagini di Giza continuano ad ascoltare sospetti. Intanto gli inquirenti egiziani hanno scoperto che Giulio Regeni è stato ucciso in un appartamento al centro della capitale e, dopo, il suo corpo è stato trasportato sulla strada desertica Cairo-Alessadria dove è stato ritrovato, come sostiene il sito del quotidiano indipendente egiziano Al Masry Al Youm senza citare fonti ma dando conto delle indagini della squadra di ricerca della Prefettura di sicurezza di Giza.

‘Regeni non è mai stato sotto la custodia della nostra polizia. E noi non siamo cosi ‘naif’ da uccidere un giovane italiano e gettare il suo corpo il giorno della visita del Ministro Guidi al Cairo’, ha  affermato l’ambasciatore egiziano in Italia, Amr Helmy. ‘Un omicidio vergognoso” avvenuto in un Paese, che a 5 anni dalla ‘primavera araba’ di piazza Tahrir, si ritrova sotto il tallone dell’ex generale Abdel Fattah al-Sisi immerso nel terrore di polizia’, dice il Times di oggi, in un commento dedicato all’uccisione brutale di Giulio Regeni, giovane ricercatore italiano laureato a Cambridge. Il giornale britannico ricorda la lettera aperta firmata da 4600 accademici di decine di Paesi per chiedere giustizia, ma nota che non c’e’ da farsi illusioni a dispetto del fatto che le autorita’ del Cairo smentiscano ogni responsabilità. La verita’, secondo il Times, e’ che il Paese e’ tornato a essere quello che era, che migliaia di civili sono detenuti senza accuse, e che il semplice sospetto di dissenso e la repressione di una minoranza estremista sono usati per giustificare una dittatura militare vecchio stile. Il computer portatile di Giulio Regeni è a disposizione della Procura di Roma. Non si trova il suo cellulare. Felice Casson, ex magistrato, esponente del Partito Democratico e segretario del Copasir, il comitato parlamentare che controlla i servizi segreti, ha detto che nessuno in Italia crede all’ipotesi della rapina, che secondo gli egiziani spiegherebbe invece anche il furto del cellulare. Un altro dubbio riguarda i tempi della reazione del governo egiziano alla scomparsa di Regeni. Il governo egiziano ha detto di avere ricevuto la notifica della scomparsa di Regeni il 28 gennaio, ma sembra che le cose siano andate diversamente. Già il 25 gennaio l’ambasciatore italiano al Cairo, Maurizio Massari, era stato avvisato della scomparsa di Regeni e aveva contattato i responsabili dell’intelligence italiana sul posto, che a loro volta avevano sentito i servizi egiziani, senza risultati. Il 26 era stato avvisato il ministero degli Esteri egiziano, e anche quello dell’Interno. Il 27 Massari aveva contattato nuovamente i due ministeri, senza però ottenere la disponibilità di un colloquio. Verranno ascoltati dagli inquirenti gli accademici, ricercatori e stagisti (di varie nazionalità), che dall’Egitto giungeranno in Italia per essere presenti ai funerali di Giulio Regeni, in programma venerdì prossimo a Fiumicello.  L’attenzione di chi indaga è rivolta, sopratutto, su una serie di incontri a cui Regeni ha partecipato negli ultimi mesi compreso uno del dicembre scorso con rappresentati del sindacato indipendente e tenutosi al Centro servizi per i lavoratori e sindacati al Cairo. Gli inquirenti non escludono che all’ incontro, a cui hanno partecipato un centinaio di persone, possano aver preso parte anche ‘infiltrati’ che potrebbero aver notato la presenza di un italiano.ci siano prigionieri politici. Intanto a Fiumicello (Ud), dove la salma di Giulio è tenuta in un luogo riservato, si prepara ad accogliere le 6 mila persone attese per i funerali di domani. Molti cittadini hanno aperto le proprie abitazioni per ospitare amici e parenti in viaggio da ogni parte del mondo. La famiglia ha chiesto però che non vengano esposte bandiere o vessilli (tanto che neppure il sindaco indosserà la fascia tricolore) né vengano effettuate riprese audiovisive. Anche le autorità potranno partecipare ma in forma individuale, per evitare ogni strumentalizzazione.

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