Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, è il coprotagonista di uno storico abbraccio con Papa Francesco, il primo della storia tra i capi della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa russa. Due persone molto diverse, come i due rami della cristianità separati dal Grande Scisma del 1054, e che si sono ritrovati vicini all’aeroporto dell’Avana. Kirill viene da quella che 69 anni fa era Leningrado, e il suo nome era Vladimir Mikhailovich Gundjaev. Il nonno, tra i primi a essere rinchiuso nel lager delle isole Solovetskij, vi trascorse 30 anni, e il padre venne condannato a tre anni di lavori forzati alla Kolyma. Nessuno avrebbe mai detto che da un’umile famiglia di religiosi dissidenti sarebbe venuto un Patriarca che, divenuto stretto alleato del potere al punto di stabilire una propria residenza al Cremlino, sarebbe arrivato a definire Vladimir Putin ‘un miracolo di Dio’. Kirill è in sintonia con Putin nella difesa dei valori conservatori, in contrapposizione al liberalismo dell’Occidente, e dell’identità nazionale russa. Uniti per essere entrambi garanti della stabilità del Paese, la Chiesa pilastro e partner dello Stato. Sulla crisi ucraina Kirill si schierò contro le politiche ‘antirusse’ della Chiesa cattolica ucraino-greca (di rito orientale ma fedele a Roma). Considera pericoloso il femminismo, i matrimoni nello stesso sesso come ‘un segnale dell’Apocalisse’, gli aborti un’interferenza nei piani di Dio, e opera di Satana da punire l’esibizione delle ‘Pussy Riot’, che nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca supplicarono cantando la Vergine Maria di cacciare Putin. ‘Io vengo dove tu vuoi. Tu mi chiami e io vengo’, gli aveva detto Francesco secondo quanto lo stesso Pontefice raccontò al corrispondente della ‘Tass’ nel 2014. Al di là del gigantesco valore simbolico dell’incontro un viaggio del Papa in Russia sembra ancora lontano. E al centro del colloquio, sottolineano i russi, non è stato l’unità delle Chiese, perché è poco realistico immaginare che Mosca o il Vaticano siano pronti alle enormi concessioni che sarebbero necessarie per riconciliarsi sul piano teologico. A riavvicinare Kirill e Francesco sono state piuttosto le persecuzioni patite dai cristiani, cattolici e ortodossi, in Medio Oriente e in Africa. ‘Ma io vi dico davvero che sentivo una gioia interiore, una gioia del Signore. Lui parlava liberamente e anche io parlavo liberamente. Si sentiva la gioia, i traduttori erano bravi, tutti e due’, Bergoglio ha confermato così il colloquio avuto, con il patriarca Kirill, sua eminenza il metropolita Hilarion, il cardinal Koch e i due traduttori. Si è fatto un programma di possibili attività in comune, ha annunciato Francesco, perché l’unità si fa camminando. Una volta io ho detto che l’unità si fa nello studio, nella teologia, ma verrà il Signore e noi saremo ancora lì a costruire l’unità. L’unità si fa camminando e che almeno il Signore ci trovi che stiamo camminando. Io sono rimasto felice. Voglio prima di tutto dirvi i sentimenti di accoglienza e disponibilità del presidente Raul Castro. Il Papa ha rivelato anche un retroscena della preparazione dell’incontro con Kirill: ‘Io avevo parlato col presidente Castro di questo incontro l’altra volta ed ha preparato tutto per bene. Per questo vorrei ringraziarlo’. Papa Francesco ha concluso il tutto con un sorriso pensando all’arrivo a Città del Messico, perché ‘mi aspettano 23 chilometri di papamobile aperta’.
Cocis