Giulio Regeni fu fermato e portato via dalla polizia egiziana il 25 gennaio al Cairo, probabilmente scambiato per una spia per via di alcuni contatti sul telefono di persone legate all’opposizione anti-governativa. Se le testimonianze citate dall’autorevole quotidiano americano trovassero conferma, si tratterebbe della prima ammissione in questo senso da parte di esponenti delle autorità egiziane, seppure in forma anonima. Ma c’è di più. Sempre secondo il giornale, un testimone sostiene che il fermo dell’italiano sarebbe stato ripreso da quattro telecamere di sorveglianza di altrettanti negozi del quartiere ma la polizia egiziana non ha ancora chiesto le registrazioni video. Mentre indiscrezioni trapelate sull’autopsia del ragazzo, stavolta esclusiva dell’agenzia Reuters, hanno fatto emergere nuovi agghiaccianti dettagli delle torture subite da Regeni. Il corpo, tra le varie sevizie purtroppo già note, presentava sette costole rotte e segni di scosse elettriche sui genitali. Il legale della famiglia del ricercatore friulano, Alessandra Ballerini, ha invitato però alla cautela: ‘E’ difficile avere riscontri su testimonianze egiziane, dobbiamo fidarci delle fonti ma intanto viene pubblicato di tutto’, ha detto, esprimendo fiducia nelle indagini condotte dalla Procura di Roma. Dopo le rivelazioni del Nyt il Movimento 5 Stelle è insorto e il portavoce Manlio Di Stefano ha chiesto un Commissione d’inchiesta Onu per accertare fatti e responsabili, intimando al governo di interrompere immediatamente ogni relazione diplomatica con l’Egitto. Mentre Alessandro Di Battista ha definito vergognoso che notizie su Regeni ci arrivino da media stranieri. ‘Italia da zerbino europeo a tappeto arabo’, ha twittato. Proseguono infine le indagini. La perizia medico-legale egiziana sulla morte di Regeni è stata consegnata alla Procura di Giza, che ha deciso di non renderla pubblica, almeno per il momento, a causa del carattere di segretezza delle indagini sul caso. Eppure in serata sono arrivate le indiscrezioni della Reuters, che cita una fonte medico-legale non essendo in possesso del documento. In Italia, il pm Sergio Colaiocco, titolare dell’inchiesta, ha ascoltato la sorella di Giulio, Irene, e un’amica, entrambe nella qualità di persone informate sui fatti. Il Ros e lo Sco avrebbero inoltre acquisito materiale informatico.
Riprova
Corte dell’Aia e reale applicabilità delle sue sentenze
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