Non si può rimanere in silenzio, si rischia di diventare complici in nome della realpolitik.
In Turchia stanno sopprimendo le libertà fondamentali e, soprattutto quelle di cui il Paese andava fiero, sulla cui base aveva fondato il presupposto per entrare a pieno diritto nell’UE. Persino durante l’ultimo golpe militare vi era maggiore libertà di oggi, anche nel mondo dell’informazione. I giornali di sinistra, tradizionalmente critici con il regime, godevano di una certa autonomia d’espressione. Oggi, invece, ogni critica al governo presieduto da Erdogan, diventa un reato. Gli scontri, gli assedi della polizia, i lacrimogeni, le violenze contro i giornalisti, sono una vergogna. Non vi sono altri termini per definirle. Dopo attacchi, intimidazioni ed arresti, si è giunti alla più brutale esecuzione della volontà del capo, del nuovo sultano, che non ha minimamente idea di quanto fossero più tolleranti i veri sultani, che lustrarono e fecero grande l’Impero Ottomano. Prima delle ultime elezioni, Erdogan aveva fatto occupare le sedi dei media che lo criticavano e li aveva zittiti.Contro Cumahuriyet, che aveva svelato con un video non smentibile, traffici di armi, con tanto di scorta dei servizi segreti turchi,, diretti ai ribelli siriani e all’Isis, si è abbattuta, inesorabilmente la scure del regime.La Turchia è un importante alleato della Nato. La Germania,dove vivono 3 milioni di turchi, fa l’impossibile per ottenere la collaborazione sul problema dei profughi.L’Italia ha circa mille imprese presenti in quel Paese.Gli Stati Uniti, alleati da sempre della Turchia, posseggono sul territtorio basi militari di rilievo strategico e da cui possono controllare il Bosforo. In realtà il Paese dal punto di vista geografico rappresenta la porta sull’Oriente. A questo punto,però, non si può rimanere in silenzio e chiudere gli occhi dinanzi al progressivo e costante attentato alle libertà fondamentali dell’individuo. Se si accetta silenziosamente lo scempio in nome della realpolitik, si rischia di diventare complici consapevoli.