Referendum trivelle e sindaci

PALERMO. Scoppia la polemica sulla norma con cui il Ministero dell’Interno invita sindaci e istituzioni ad astenersi dalla propaganda elettorale sul referendum ‘no-Triv’ del 17 aprile. Un tale divieto, interviene Leoluca Orlando, sindaco di Palermo e presidente dell’AnciSicilia, ove fatto applicare veramente, rischia di essere paradossale e nega una delle prerogative essenziali che caratterizzano la vita democratica delle comunità locali. Non si può chiedere ai rappresentanti dei cittadini, eletti democraticamente, di astenersi su decisioni che chiamano in causa la difesa dell’autonomia comunale sulle scelte che ricadono sul proprio territorio”. La circolare del Ministero (5 / 2016 ) ricorda , di fatto, ai sindaci che, ai sensi dell’art. 9, comma 1, della legge 22 febbraio 2000, n. 28, a far data dalla convocazione dei comizi, cioè dal 16 febbraio 2016, giorno di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica, e fino alla conclusione delle operazioni di voto ‘é fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni’. Con il decreto ‘Sblocca Italia’, continua Orlando, attraverso il concetto di ‘pubblica utilità’, gli enti locali sono stati già estromessi dalle scelte decisionali che riguardano il loro territorio o i loro mari. Oggi si vuole anche negare ai rappresentati dei cittadini il diritto di parola nella campagna referendaria. L’AnciSicilia, con la stragrande maggioranza dei comuni siciliani, non può che sostenere ogni battaglia di autonomia nelle scelte che hanno o possono avere ricadute significative sui territori. Scelte come quelle delle trivellazioni non possono essere concepite senza un coinvolgimento preventivo e diretto dei comuni sul cui territorio possono ricadere costi ed eventuali benefici. In particolare nel quesito referendario si chiede: ‘Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?’. Il quesito riguarda solo la durata delle trivellazioni già in atto entro le 12 miglia dalla costa, e non riguarda le attività petrolifere sulla terraferma, né quelle in mare che si trovano a una distanza superiore alle 12 miglia dalla costa (22,2 chilometri). Se vincerà il sì, sarà abrogato l’articolo 6 comma 17 del codice dell ‘Ambiente, dove si prevede che le trivellazioni continuino fino a quando il giacimento lo consente. La vittoria del sì bloccherà tutte le concessioni per estrarre il petrolio entro le 12 miglia dalla costa italiana, quando scadranno i contratti. Tra gli altri saranno interessati dalla misura: il giacimento Guendalina (Eni) nell’Adriatico, il giacimento Gospo (Edison) nell’Adriatico e il giacimento Vega (Edison) davanti a Ragusa, in Sicilia. Non saranno interessate dal referendum tutte le 106 piattaforme petrolifere presenti nel mare italiano per estrarre petrolio o metano. È un appuntamento rispetto al quale, conclude Leoluca Orlando, sosteniamo la necessità di due sì: il primo è una prerogativa di ogni comune, ovvero favorire la partecipazione democratica sulle scelte di sviluppo del proprio territorio. Non basta fare riferimento a ‘scelte strategiche’ per privare cittadini e territori del diritto di esprimersi. Come sindaco di Palermo, infine, affermo anche la necessità che ci si esprima con un sì contro le trivelle e per uno sviluppo sostenibile dell’economia della città e più in generale di una terra come la Sicilia, la cui immagine nel mondo non può essere compromessa dalla presenza inquietante di istallazioni industriali di varia natura e dalle scelte di chi non accetta che l’era dello sfruttamento intensivo degli idrocarburi e del sottosuolo debba lasciare il passo al più sostenibile sviluppo delle energie pulite.

 

 

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