Il mondo è assetato di speranza, e la Chiesa deve fare il possibile per suscitarla e diffonderla perchè ce n’é tanto bisogno oggi. Nella celebrazione della Veglia Pasquale in San Pietro, papa Francesco non torna esplicitamente sui drammi e le ingiustizie del mondo, sulle vittime del terrorismo e sui profughi che trovano porte chiuse o annegano in mare, su cui ha incentrato la sua preghiera del Venerdì Santo, nella Via Crucis al Colosseo, ma impronta il suo annuncio della Resurrezione al concetto di ‘speranza’, che in un’ottica di fede è il centro stesso della Pasqua. ‘Dimentichi di noi stessi, come servi gioiosi della speranza, siamo chiamati ad annunciare il Risorto con la vita e mediante l’amore; altrimenti saremmo una struttura internazionale con un grande numero di adepti e delle buone regole, ma incapace di donare la speranza di cui il mondo è assetato’, dice il Pontefice nell’omelia. La speranza, sottolinea, non è semplice ottimismo, e nemmeno un atteggiamento psicologico o un buon invito a farsi coraggio. La speranza cristiana è un dono che Dio ci fa, se usciamo da noi stessi e ci apriamo a Lui. Il ‘Consolatore’, spiega quindi, non fa apparire tutto bello, non elimina il male con la bacchetta magica, ma infonde la vera forza della vita, che non è l’assenza di problemi, ma la certezza di essere amati e perdonati sempre da Cristo, che per noi ha vinto il peccato, la morte e la paura. Oggi è la festa della nostra speranza, aggiunge a proposito della Pasqua, la celebrazione di questa certezza: ‘Niente e nessuno potranno mai separarci dal suo amore’. Per il Papa, il Signore è vivo e vuole essere cercato tra i vivi. Dopo averlo incontrato, ciascuno viene inviato da Lui a portare l’annuncio di Pasqua, a suscitare e risuscitare la speranza nei cuori appesantiti dalla tristezza, in chi fatica a trovare la luce della vita.
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