Nei prossimi vent’anni per mantenere costante la popolazione in età lavorativa (20-64), ogni anno dovranno entrare in Italia, almeno 325000 persone: Occorre tempo, pazienza, lungimiranza, fermezza. Dovranno,quindi, entrare un numero numero di lavoratori pari a quelli entrati nel decennio precedente.Altrimenti nel prossimo ventennio ci sarà un calo della forza lavoro, da 36 milioni a 29 milioni.Con risultati, dalla produzione industriale all’equilibrio delle pensioni, disastrosi.Questo vale anche per l’Austria che in questi giorni minaccia di alzare muri alla frontiera con il nostro Paese, per impedire il flusso dei migranti. Nel 2035 la popolazione austriaca in età 20-64, calerebbe del 16%, da 5,3 milioni a 4,4 milioni. Con tutte le conseguenze negative che ne derivano.Questo non vul dire che bisogna prendersi quelli che arrivano. D’altra parte se i Paesi poveri dovessero chiudere le loro frontiere, la loro popolazione 20-64 anni, aumenterebbe nel giro di un ventennio di 850 milioni di unità. Nel corso dei secoli, le popolazioni si sono sempre spostate da un paese all’altro, ma mai prima c’era stata una crescita così alta in senso demografico. Questo è il nodo. Occorre un progetto di ampio respiro che guardi avanti negli anni; è inutile e dannoso il tamponamento quotidiano ed affannoso delle sole emergenze con la distribuzione dei profughi a questo o quell’albergatore o a quelle cooperative di accoglienza che badano solo al profitto, ma di accoglienza ed assistenza ne fanno ben poca.Da qui si levano le grida contro i migranti che fuggono dalla fame e dalle guerre e, l’incitamento a fermare l’ondata con reti e filo spinato. E non abbiamo,ancora, sentito la voce di uno statista, capace di rassicurare le società spaventate, mostrando così di essere all’altezza di fronteggiare un esodo di dimensioni bibliche. Dice un rapporto dell’ONU che chi lascia un Paese povero per uno più ricco, vede in media un incremento del proprio reddito pari a 15 volte, ed una diminuzione di 16 volte della mortalità infantile. Chiunque di noi, a ben pensarci, sarebbe disposto a giocarsi la pelle per cercare fortuna. Senza, poi, dimenticare che gli immigrati svolgono spesso tutti quei lavori più umili, che hanno bisogno di braccia, che ormai nessuno vuole più fare. Come uscirne? E’ evidente che soluzioni rapide, a dispetto dei soliti soloni e demagoghi non ce ne sono. Ci vorranno, tempo, pazienza, lungimiranza, fermezza. Pur tuttavia, anche in questo marasma generale, alcuni punti della questione sono chiari. Primo, se può vivere dove è nato, affronta fatiche, spese e le umiliazioni di certi viaggi: occorre aiutarli a casa loro, sul serio, non gli oboli, non doni ai dittatori, o la cooperazione degli anni ottanta, che finì travolta dagli scandali, perché i soldi finivano nelle tasche degli imprenditori italiani che volevano commesse all’estero. Bisognerebbe cambiare le regole del commercio internazionale che per proteggere l’Occidente inchiodano i Paesi in via di sviluppo a non crescere. Impedire i traffici di armi verso i Paesi in guerra. Modificare le norme sulla cittadinanza, per realizzare quel sogno a tanti nuovi italiani che vogliono sentirsi tali, ma certo non è facile che sia un bravo cittadino chi cittadino stenta a diventare.
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