Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a un’alterata quantità o funzione dell’insulina. L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno. Per ora sono 415 milioni, ma il numero è destinato ad aumentare a 642 milioni nel 2040. Sono numeri tipici di un’epidemia quelli sulle persone con diabete di tipo 2 nel mondo. Il diabete di tipo 2 è la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia. La causa è ancora ignota, anche se è certo che il pancreas è in grado di produrre insulina, ma le cellule dell’organismo non riescono poi a utilizzarla. In genere, la malattia si manifesta dopo i 30-40 anni e numerosi fattori di rischio sono stati riconosciuti associarsi alla sua insorgenza. Tra questi: la familiarità per diabete, lo scarso esercizio fisico, il sovrappeso e l’appartenenza ad alcune etnie. Riguardo la familiarità, circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia, mentre nei gemelli monozigoti la concordanza della malattia si avvicina al 100%, suggerendo una forte componente ereditaria per questo tipo di diabete. Anche per il diabete tipo 2 esistono forme rare, dette ‘Mody’(Maturity Onset Diabetes of the Young), in cui il diabete di tipo 2 ha un esordio giovanile e sono stati identificati rari difetti genetici a livello dei meccanismi intracellulari di azione dell’insulina. Il diabete tipo 2 in genere non viene diagnosticato per molti anni in quanto l’iperglicemia si sviluppa gradualmente e inizialmente non è di grado severo al punto da dare i classici sintomi del diabete. Solitamente la diagnosi avviene casualmente o in concomitanza con una situazione di stress fisico, quale infezioni o interventi chirurgici. Il rischio di sviluppare la malattia aumenta con l’età, con la presenza di obesità e con la mancanza di attività fisica e questa osservazione consente di prevedere strategie di prevenzione ‘primaria’, cioè interventi in grado di prevenire l’insorgenza della malattia e che hanno il loro cardine nell’applicazione di uno stile di vita adeguato, che comprenda gli aspetti nutrizionali e l’esercizio fisico. L’Istat fa sapere che il diabete interessa il 5,4 per cento degli italiani, pari a oltre 3 milioni di persone. Ogni anno si verificano 5-7 nuovi casi di diabete di tipo 2 ogni mille persone, senza significative differenze di genere. Con conseguenze evidenti sulla spesa sanitaria e le stime indicano che per l’anno 2015 c’è stato un livello di spesa per il trattamento dei pazienti diabetici pari all’11,6 per cento del totale della spesa sanitaria mondiale. Questi sono i dati emersi durante il convegno organizzato dalla Società Italiana di Farmacologia a cui hanno partecipato esponenti delle diverse realtà coinvolte: istituzioni, agenzie regolatorie, medici e società scientifiche. Tutti concordi nel voler ribadire l’importanza della prevenzione, anche a costo di sembrare ripetitivi e scontati. L’attenzione è puntata sullo stile di vita perché il movimento e la dieta mediterranea sono gli strumenti chiave per ridurre i rischi. Ma attenzione, avvertono gli esperti: la vera dieta mediterranea non deve superare la quota del 45 per cento di carboidrati, possibilmente come pasta o pane rigorosamente non raffinati. Per quanta riguarda la terapia, il quadro consegnato dai relatori del convegno è chiaro: il diabete, come la maggior parte delle malattie croniche importanti, non può essere curato. I farmaci a oggi disponibili sono però in grado di tenere a bada sino a un certo periodo la malattia.
Clementina Viscardi