A partire da settembre in Italia si parlerà solo del referendum che deciderà del destino delle riforme costituzionali e tutti saranno impegnati a difendere le ragioni del ‘Sì’ e quelle del ‘No’. Stefano Parisi, ex direttore generale di Confindustria, investito dal ruolo di risanatore di Forza Italia, si tiene nel mezzo e non sceglie un ‘Sì’ od un ‘No’ ma propone un’assemblea costituente ed una proposta politica, dal mio punto di vista, irrealizzabile. Forse Parisi crede ai sondaggi di Piepoli che dà per scontato il ricompattamento del centrodestra e stima questa ‘riunione’ al 32% dei voti, rispetto al 35% di Renzi. Qualunque sia l’esito del referendum, afferma Parisi, sarà necessaria un’assemblea costituente: ‘Il parlamento dovrebbe discutere e approvare rapidamente una legge costituzionale, che istituisca un Assemblea Costituente, eletta con metodo proporzionale. Sono pochi articoli e l’Assemblea sarà composta da 100 membri, possibilmente qualificati, che non potranno essere eletti in parlamento al giro successivo. Quest’assemblea di fatto sostituirà temporaneamente il Senato, che andrà contestualmente abolito. Una volta approvata questa legge costituzionale, il Presidente della Repubblica potrà sciogliere le camere e indire nuove elezioni. Quel giorno avremo due voti: uno per la Camera, uno per la Costituente. Entro due anni, l’Assemblea dovrà chiudere i propri lavori e presentare la propria riforma. Se avrà i due terzi dei voti della Camera, sarà legge. Se no, saremo chiamati a un nuovo referendum costituzionale. Cambiare la Costituzione è una cosa seria, non una cosa che puoi fare a colpi di maggioranze variabili, scambiandola con un voto sulle unioni civili o con un emendamento alla Legge di Stabilità. E non puoi farla nemmeno prescindendo dalle persone perché in autunno pochissimi andranno a votare consapevoli dei contenuti della riforma. E questo è ingiusto e profondamente antidemocratico’. Parisi, in pratica, parla delle sue idee che dovranno passare attraverso una discussione interna del centrodestra, e degli eventuali alleati. Parisi crede che si debba rafforzare il presidente del Consiglio: ‘Il presidente del Consiglio è debole. Da Craxi a Berlusconi e Prodi, passando per D’Alema e arrivando a Renzi, non ce n’è uno che non si sia lamentato per lo scarso potere che riesce a esercitare da Palazzo Chigi. Il bicameralismo perfetto rende il processo legislativo lunghissimo e farraginoso, al punto tale che il governo è sovente costretto a ricorrere ai decreti e ai voti di fiducia per combinare qualcosa’. Se vince il no Renzi si dimetterà, dice Parisi, ma l’Italia non può rimanere senza un esecutivo. Il centrosinistra deve continuare a governare fino alle elezioni per consentire al Parlamento di approvare una nuova legge elettorale al posto dell’Italicum, istituendo l’assemblea costituente. Dopo il voto avremo una sola Camera con una maggioranza politica per il governo, e un’assemblea Costituente con una maggioranza per le riforme, evitando commistioni. Intanto, sto lavorando a una Conferenza programmatica che si terrà a Milano il 16 e il 17 settembre per contribuire a una proposta politica liberale e popolare per il Paese. L’ex direttore generale di Confindustria, in nuce, non sta riorganizzando Forza Italia ma lavora per presentare a Berlusconi un progetto per ridefinire una proposta politica liberale e popolare per il Paese: ‘Non c’è più il finanziamento pubblico, dunque i partiti devono essere leggeri e in grado di riavvicinare le persone alla politica. Il vero problema è riportare al voto quelle persone che in passato hanno appoggiato i partiti di centrodestra e oggi non vanno a votare non trovando risposte concrete ai loro tanti problemi’. In realtà da quando Stefano Parisi è stato investito da Silvio Berlusconi di studiare il rilancio di Forza Italia tra gli azzurri è scoppiato il caos. Cosa che avverrà nel momento in cui ha deciso, unilateralmente, di ricompattare il centrodestra che vuole ridefinire guidandolo nelle sue strategie politiche. Parisi sta già subendo il fuoco di fila da un bel pezzo di partito, a partire dai due capigruppo di Camera e Senato, Renato Brunetta e Paolo Romani. Vero è che comunque, sia nel gruppo alla Camera che in quello al Senato, il fronte pro-Parisi stia crescendo in maniera proporzionale al malcontento nei confronti dei due capigruppo. Ci sono poi gli attacchi a Parisi provenienti da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. L’ex direttore generale di Confindustria intanto, ha avuto il merito si spaccare pure il Carroccio, perché, a fronte della chiusura di Salvini, c’è invece un Bobo Maroni assai aperturista. Al suo fianco Parisi può annoverare anche il resto della cerchia strettissima di Berlusconi: Tajani, Gianni Letta, Niccolò Ghedini, la figlia Marina, Sestino Giacomoni e Valentino Valentini. E naturalmente Fedele Confalonieri. Poi, anche Nunzia De Girolamo, Stefania Prestigiacomo, Francesco Giro e Anna Maria Bernini. Tornando al fronte anti-Parisi, Altero Matteoli e Maurizio Gasparri. ‘Siamo qui a fare politica da anni, molti di noi hanno ricoperto incarichi di responsabilità, abbiamo retto dicasteri, e ora non possiamo farci insegnare il mestiere dall’ultimo venuto’, ha detto Matteoli nell’ultimo vertice davanti al Cavaliere. A dividere non è solo la figura di Parisi, ma il progetto politico che c’è dietro. Perché, se vincerà la linea del manager, si andrà avanti in un’ottica centrista e liberale, magari reimbarcando anche Angelino Alfano, con la destra lepenista marginalizzata in un angolo, perchè l’alleanza con la Lega non sarà più strategica e potrebbe non esserci affatto. Salvini comunque già fa sapere che a settembre non sarà alla convention del manager per la riorganizzazione del centrodestra. Riguardo alla Meloni c’è da dire che sommando i voti presi a Roma e Milano ‘Fratelli d’Italia’ è il primo partito del centrodestra, e la ‘Lista Meloni’ su Roma ha preso più voti di quella di Parisi a Milano. La Meloni vuole ridisegnare i propri confini guardando a pmi, commercianti e liberi professionisti. Alfano, da parte sua, afferma che sembrano nascere delle nuove condizioni per creare un’importante aggregazione dei liberali, dei moderati, e dei popolari italiani. Però mette i suoi paletti: ‘La questione è intendersi sul programma, sulla denominazione del partito e il metodo dell’indicazione della leadership che per me, quando ero nel Pdl, dovrebbe essere quello delle primarie’. Poi, l’avvertimento a Parisi: ‘Lui leader? Lo stimo ma gli consiglierei di sottoporsi a un metodo democratico, perché le designazioni unilaterali sono revocabili unilateralmente, le designazioni della base si consolidano in un voto che nessuno a quel punto più revocare’. Alfano, dicendo questo, parlava del futuro del suo partito e di una possibile alleanza con Fi. Nulla di più e bisognerà aspettare settembre per poter vedere i giochi di Parisi a carte scoperte.
Roberto Cristiano