Schizofrenia e ‘Progetto Triathlon’ per promuovere recupero e reinserimento dei pazienti

La schizofrenia è una psicosi cronica caratterizzata dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell’affettività, da un decorso superiore ai sei mesi, con forte disadattamento della persona, con  una gravità tale da limitare le normali attività di vita della persona.  Nonostante l’etimologia del termine, la schizofrenia non implica di per sé alcuna ‘doppia personalità’ o ‘disturbo di personalità multipla’, una condizione con la quale viene però spesso erroneamente confusa nella percezione comune,  e presente invece in alcune sindromi dissociative. Piuttosto, il termine significa ‘suddivisione delle funzioni mentali’ a causa della presentazione sintomatica della malattia. I sintomi più comuni includono allucinazioni uditive, deliri paranoidi e pensieri o discorsi disorganizzati. È accompagnata da un significativo deficit nella vita sociale e professionale. La ricerca attuale si concentra sul ruolo delle neuroscienze, anche se non è stata trovata una causa organica ben precisa. Le possibili combinazioni sintomatologiche hanno avviato un dibattito sul fatto che la diagnosi possa essere relativa a un unico disturbo piuttosto che alla somma di un certo numero di sindromi distinte. La base del trattamento è la somministrazione di un farmaco antipsicotico, che sopprime principalmente l’attività del recettore della dopamina e talvolta della serotonina. L’intervento psicoterapeutico e la riabilitazione professionale e sociale sono altresì importanti nel trattamento. Nei casi più gravi, in cui vi sia il rischio per sé e per gli altri, può essere necessario un trattamento sanitario obbligatorio, anche se ciò avviene meno frequentemente rispetto a una volta. La malattia porta allo sviluppo di diversi problemi relativi al comportamento e alla sfera emozionale.  Negli Stati Uniti, il costo della schizofrenia, tra cui i costi diretti (trattamento ambulatoriale, ospedaliero, farmaci e cure a lungo termine) e non sanitari (applicazione della legge, ridotta produttività sul posto di lavoro e disoccupazione), è stato stimato in 62,7 miliardi dollari nel 2002. Il trattamento primario della schizofrenia prevede l’uso di farmaci antipsicotici, spesso in combinazione con un supporto psicologico e sociale. L’ospedalizzazione può essere necessaria solo per gravi episodi e può essere decisa volontariamente o, se la legislazione lo permette, contro la volontà del paziente. L’ospedalizzazione a lungo termine è rara, soprattutto dal 1950 in poi, anche se si verifica ancora. Le terapie di supporto comprendono i centri di accoglienza, le visite routinarie da parte di sanitari dedicati alla salute mentale della comunità, il sostenimento dell’occupazione e la creazione di gruppi di sostegno.  Un certo numero di interventi psicosociali possono risultare utili nel trattamento della schizofrenia, tra cui: la terapia familiare, il trattamento assertivo della comunità, l’occupazione assistita, la psicoterapia cognitivo-comportamentale, interventi economici e psicosociali al fine di limitare l’uso di sostanze e per la gestione del peso. La terapia familiare, o assertiva di comunità, che coinvolge l’intero sistema familiare dell’individuo, può ridurre le recidive e le ospedalizzazioni. Le prove che la terapia cognitivo-comportamentale sia efficace per prevenire le ricadute e ridurre i sintomi è minima.  La schizofrenia è una condizione che comporta elevati costi sia umani, sia economici. La condizione si traduce in un’aspettativa di vita ridotta di 12-15 anni rispetto alla popolazione generale, soprattutto a causa della sua associazione con l’obesità, a stili di vita sedentari, al tabagismo. Solo una persona con schizofrenia su dieci utilizza qualche strumento tecnologico per ricordarsi di assumere la terapia. E siccome sono numerosi i pazienti che ammettono di dimenticare di farlo, molto spesso sono i caregiver familiari (55% dei casi) o gli operatori sanitari (50%) a farsi carico di rammentarglielo. A tracciare questo dettaglio del quadro della schizofrenia è ‘Addressing misconceptions in schizophrenia’, survey delle quali pazienti, i cui risultati sono stati presentati martedì 11 ottobre a Milano. In Italia si calcola che vi siano quasi 213 mila persone che vivono con una diagnosi di schizofrenia e si stima, però, che ve ne siano altre 90 mila circa alle quali la patologia non è stata diagnosticata e che pertanto non stanno seguendo alcuna cura farmacologica; delle prime, peraltro, poco meno di 152 mila sono in trattamento con farmaci antipsicotici. Ed è un vero peccato perché oggi, come hanno detto gli esperti durante l’incontro milanese, dalla schizofrenia si può guarire, soprattutto se viene individuata precocemente. Senza contare i suoi costi economici che ammontano a qualcosa come 2,7 miliardi di euro, quasi la metà dei quali indiretti (perdita di produttività dei pazienti e dei familiari); tra i costi diretti, l’81% è assorbito da ospedalizzazione, residenzialità e assistenza domiciliare, mentre il trattamento farmacologico pesa per il 10%. Un altro tra gli aspetti problematici nella gestione della schizofrenia emerso dalla survey riguarda la gestione e l’adesione alla terapia: un paziente su quattro (il 25%) ammette di dimenticare spesso di assumerla e uno su tre (31%) che gli accade qualche volta. D’altra parte altri dati dicono che la cura farmacologica è la strategia principale per la quasi totalità dei pazienti (80%), ma meno della metà (43%) esprime soddisfazione per le terapie assunte e c’è un uso ancora limitato (19% dei pazienti) di terapie, come quelle iniettive a lunga durata d’azione, che potrebbero permettere una maggiore autonomia del paziente e quindi una migliore gestione della dimensione sociale. Proprio per rispondere a queste esigenze, nei mesi scorsi è stato lanciato il progetto ‘Triathlon’, promosso da Janssen in partnership con le Società di psichiatria, di psichiatria biologica (Sipb), di Neuropsicofarmacologia (Sinpf), la Fondazione Progetto Itaca, Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna) e la Federazione italiana triathlon (Fitri). Un programma per promuovere il recupero e il reinserimento dei pazienti attraverso un approccio integrato, basato sul coinvolgimento di tutte le figure chiave dell’assistenza, lungo tre dimensioni fondamentali: clinica, organizzativa e sociale. Da febbraio a oggi ha già coinvolto quaranta Dipartimenti di salute mentale (il 20% del totale, in pratica un Dsm su cinque) e circa 3 mila operatori sanitari. Tra le nostre innovazioni,  sostiene Massimo Scaccabarozzi, presidente e amministratore delegato di Janssen Italia,  ci sono sicuramente quelle che hanno cambiato il paradigma terapeutico di questi disturbi nel corso della storia della Medicina. Così come oggi stiamo studiando nuove soluzioni che speriamo possano rappresentare, nel prossimo futuro, passi in avanti altrettanto importanti.

Moreno Manzi

 

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