‘Liolà’ al Teatro San Ferdinando di Napoli dal 19 al 30 ottobre

Parte mercoledì 19 ottobre al Teatro San Ferdinando di Napoli la nuova Stagione dello Stabile della città presieduto da Valter Ferrara e diretto da Luca De Fusco.

Lo spettacolo inaugurale della programmazione 2016/2017 intitolata “Una stagione d’autore” è un classico del teatro del ‘900 di Luigi Pirandello, Liolà, nella messa in scena del regista e attore napoletano Arturo Cirillo su produzione del Teatro Stabile di Napoli, in replica fino a domenica 30 ottobre.

«Liolà – scrive Arturo Cirillo – è un testo di Pirandello che quasi non sembra un testo di Pirandello, così soleggiato com’è, vitale, istintivo, viscerale. Ma poi dietro l’apparenza della gioiosa vita campestre si cela il nero del potere e della sopraffazione».

Protagonista, nei panni di Neli Schillaci detto Liolà, l’attore Massimiliano Gallo, volto ormai di riferimento delle produzioni dello Stabile di questi anni, accompagnato in scena dallo stesso Cirillo nel ruolo di Zio Simone Palummu, ricco massaio, Milva Marigliano in quello di Zia Croce Azzara, sua cugina, Giovanna Di Rauso perTuzza, figlia della zia Croce,
Giorgia Coco per Mita, moglie di zio Simone, Sabrina Scuccimarra per Càrmina, detta La Moscardina,Antonella Romano per la Comare Gesa, zia di Mita, Viviana Cangiano per Ciuzza, Valentina Curatoli perLuzza, Giuseppina Cervizzi per Nela.

Con loro, a ricoprire i ruoli de I tre cardelli di Liolà, gli allievi del secondo anno della scuola di teatro dello Stabile: Antonia Cerullo, Emanuele D’Errico, Francesco Roccasecca.

Le scene dello spettacolo sono firmate da Dario Gessati; i costumi sono di Gianluca Falaschi; leluci di Mario Loprevite; le musiche sono di Paolo Coletta.

L’universo nel quale si muove la vicenda è un universo dove conta la roba, di verghiana memoria, “un mondo – sottolinea Cirillo – dove le vittime sono il mondo femminile e Liolà, poeta contadino, rimasto a uno stato di innocenza, e che dovrà scoprire il male della società degli uomini contro quello della natura. Tra canti, e note allegre, usando la verità della recitazione e la stilizzazione del movimento, si narra questa storia archetipica, antica come il mondo, dove l’uomo opprime la donna, la vecchiaia si mangia la gioventù, l’avere conta più dell’essere, e la natura sta a guardare e si ammala di tanta crudeltà”.

 

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