Si fronteggeranno due schieramenti larghi e tra loro eterogenei, come quello contrario alla riforma e che unisce sinistra radicale ed ex dc.
Il 4 dicembre forse sarà l’ultima battaglia di una lunga ed estenuante ‘guerra civile’ tutta italiana: la guerra civile iniziata tanti anni fa all’interno della Sinistra, tra massimalisti e riformisti.Una guerra lunga e violenta che si è trascinata sin dagli anni sessanta fino ai giorni nostri e che sembra arrivata alla sfida finale nel Partito democratico. Accanto a questa si combatterà un’altra battaglia tra schieramenti assai eterogenei tra loro e che vede fianco a fianco combattere sinistra massimalista e inspiegabilmente una parte del mondo cattolico ed alcuni settori molto rappresentativi della cosiddetta Prima Repubblica. Tutto questo si spiega con il fatto che le poste in gioco sono due e si celano tra di loro. Quella che appare più evidente è la riforma della Carta costituzionale per garantire una maggiore e più elastica governabilità al Paese.Una governabilità che tende ad eliminare tutti quegli ostacoli che ne impediscono la normale funzionalità. Con il proporre una revisione della Costituzione, accompagnata da una riforma elettorale mirata, si vuole interrompere quell’uso ideologico, che fino ad oggi, si è fatto della Carta costituzionale, e che si vorrebbe continuare a fare. E da qui che nasce il partito del No che unisce sinistra massimalista da un lato e dall’altro ex democristiani ed altri, tutti però uniti da un unico comune denominatore: la loro origine affonda le radici nella Prima Repubblica. Per capire il motivo di tale, apparentemente, anomala aggregazione, bisogna ricordare che sin dall’entrata in vigore della Costituzione il suo uso è stato duplice, con due protagonisti diversi tra loro, a secondo che l’uso fosse attinente alla prima o seconda parte della Carta costituzionale. La seconda parte, quella riguardante gli organi di governo, con il suo parlamentarismo, la divisione del potere esecutivo reale, tra il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio, con una magistratura inquirente libera di gestire l’azione penale a suo piacimento con una sorta di prerogativa di fatto di completa irresponsabilità e con la possibilità di autogovernarsi e gestire le proprie carriere. Al vertice di questa sorta di piramide i partiti con i loro apparati che attraverso il cosiddetto bicameralismo perfetto hanno esercitato il loro potere d’interdizione all’interno dell’intero sistema statuale. C’era poi la Costituzione della prima parte, in particolare quella degli articoli dal 29 al 47, riguardanti i rapporti etico-sociali e i rapporti economici.Questi ultimi, grazie al loro contenuto ispirato da principi garantisti per l’attuazione di uno Stato sociale e solidale, hanno rappresentato fino ad oggi, in molte situazioni la giustificazione per una cultura radicalista, antiriformista a trazione etremistica che ha caratterizzato dal dopoguerra ad oggi tanti aspetti della nostra società. Una cultura nata ed alimentatasi nella pancia della Sinistra comunista per trasferirsi negli ultimi tempi nelle fila dei Cinque Stelle. E’ questo l’uso duplice della Carta costituzionale, prettamente politico, fatto dai partiti.Ognuno difende la sua Costituzione, quella che tutela i propri interessi di parte, che gli è servita e che vorrebbe gli servisse ancora. Che questo modo d’intendere la Carta costituzionale, possa essere ancora utile per servire nel futuro il nostro Paese, su questo punto, è doveroso da parte degli italiani nutrire forti dubbi.