Nasce la rete ‘Senza C’ per curare tutti i malati di epatite C

Garantire la cura a tutti i malati eliminando le barriere di accesso. E  fermare l’esodo di chi è costretto ad andare a curarsi all’estero.  È quanto chiedono alle istituzioni le associazioni dei pazienti con una lettera aperta ai quotidiani firmata da sei sigle riunite nella rete ‘Senza la C’: Aned (Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto), Epac (Pazienti con epatite e malattie del fegato), FedEmo (Federazione Associazioni Emofilici), L’Isola di Arran (Associazione impegnata nella lotta all’emarginazione legata alla droga), Nadir (Pazienti con HIV) e Plus (Persone LGBT Sieropositive).

Nata nel 2014 come una campagna di sull’Hcv, Senza la C da oggi è una ‘rete’ nata per realizzare un obiettivo comune: dare libero accesso alle terapie anti Hcv a tutti i malati.

Ben venga, scrivono le associazioni, l’istituzione di un fondo dedicato ai farmaci anti-Hcv previsto nella Legge di Bilancio.   Le associazioni chiedono anche di rivedere i parametri che limitano l’accesso ai nuovi farmaci solo ai malati gravi. L’iniziativa è sostenuta dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit):  ‘L’ampliamento dei criteri di accesso alle cure  rappresenta un investimento i cui risparmi si vedranno nel lungo termine. I pazienti che eliminano il virus, non solo non sono costretti ad assumere farmaci a vita, ma ricorreranno molto meno agli ambulatori e ai ricoveri (anche per trapianti), con conseguenti risparmi per il Servizio Sanitario Nazionale’.

In Italia la percentuale di infetti non è nota ma si stima che le diagnosi siano circa 300mila, i nuovi casi sono circa 1.200 ogni anno. L’Italia ha il triste primato in Europa per numero di soggetti Hcv positivi. Le regioni del Sud sono le più colpite: in Campania, Puglia e Calabria, per esempio, nella popolazione ultra settantenne la prevalenza dell’HCV supera il 20 per cento. Secondo una recente indagine condotta su 86 centri autorizzati alla prescrizione dei nuovi farmaci per la cura dell’epatite C,   spiega Ivan Gardini, presidente di Epac Onlus,   risulta che circa 500 italiani sono andati in India ad acquistare i farmaci equivalenti ma se consideriamo anche quanti non lo dichiarano, ne stimiamo oltre un migliaio. I pazienti acquistano i farmaci all’estero perché si sentono in un vicolo cieco, nessuno è in grado di poter dire quando saranno curati. Fare una programmazione senza limitazioni di accesso significa poter dire a queste persone quando saranno curate e fa una differenza enorme.

Ad oggi i pazienti in cura sono 30mila l’anno ma con i 1,5 miliardi spalmati in un triennio previsti in legge di Bilancio, l’obiettivo è arrivare a curare 50 mila pazienti l’anno.

Risale a circa due anni fa l’arrivo, in Italia del primo farmaco innovativo anti-Hcv in grado di eradicare il virus. Oggi sono disponibili diversi tipi di antivirali innovativi e altri ancora sono i fase avanzata di sviluppo. Gli altissimi prezzi inizialmente previsti dalle aziende (circa 70mila euro a trattamento), hanno portato i   decisori politici a prevederne l’utilizzo solo per casi di pazienti con fibrosi in stato avanzato (3 e 4). Sulla base di questi criteri i pazienti eleggibili al trattamento antivirale sono risultati essere circa 160-180.000. Nel giro di due anni ne sono stati trattati oltre 60 mila, secondo dati Aifa.

Non in tutte le regioni si è proceduto di pari passo. Ad oggi appena cinque, anche in funzione dell’ampio numero dei residenti, detengono una quota pari al 60 per cento dei trattamenti: Lombardia, Campania, Puglia, Lazio e Sicilia. In queste settimane l’Aifa sta di nuovo negoziando i prezzi dei farmaci con le aziende, e secondo le stime, i prezzi potrebbero scendere al punto tale da consentire, secondo quanto affermato dallo stesso ministro della Salute Beatrice Lorenzin, di trattare fino a 50.000 pazienti l’anno, arrivando quindi in breve tempo a curare tutti i casi di fibrosi 3 e 4 (molto gravi) e lasciando così spazio nelle liste anche ai casi di fibrosi 1-2. Per far sì che accada però è necessario però rimodulare i criteri di eleggibilità ai trattamenti oggi previsti.

Tra le varie attività previste c’è quella di   aggiornare il registro delle persone con Hcv, così da tenere sotto controllo la diffusione dell’infezione. Questi dati permetteranno via via di studiare delle campagne di prevenzioni sempre più efficaci e di programmare screening in popolazioni maggiormente a rischio, come tra i tossicodipendenti e nelle carceri.

La prima iniziativa, da mettere subito in atto, hanno fatto sapere i rappresentanti delle associazioni, sarà quella definire i protocolli per la realizzazione di tes salivari. Questo, come tutti gli altri progetti, ha il fine di perseguire un preciso obiettivo: eliminare le barriere di cura che impediscono a tutte le persone che ne hanno bisogno di accedere ai nuovi farmaci contro l’epatite C.

Le nuove molecole, oggi, come si diceva, permettono di curare sempre più efficacemente i pazienti, e il successo della terapia si avvicina al 100 per cento e   ci stiamo avvicinando sempre di più all’obiettivo finale: l’eradicazione del virus. Risultati incoraggianti sulle nuove terapie sono stati presentati al congresso americano sulle malattie epatiche (AASLD), che si è concluso da pochi giorni a Boston. E i prezzi delle cure stanno scendendo: sono praticamente dimezzati, grazie alla concorrenza e alle contrattazioni.

Fino a pochi anni fa, chi aveva l’epatite C si sentiva condannato.  Allora c’erano poche informazioni disponibili e  la cura che era a disposizione allora, quella a base di interferone. Era una terapia molto aggressiva e  la carica virale diminuiva.  Dopo qualche mese il virus sembrava scomparso, negativizzato. Si trattava di proseguire ancora un po’ di tempo per essere certi di averlo debellato. Dopo poco tempo le analisi del sangue registravano   di nuovo  la presenza del virus, che non era stato debellato.  Successivamente,  oltre all’interferone, c’era un nuovo principio attivo, la ribavirina, che interferisce sulla replicazione del virus. Anche in questo caso c’era la possibilità che la carica virale dopo un poco ritornasse attiva.

Oggi, invece, sono tante le novità per quanto riguarda le nuove terapie per curare l’epatite C. Dopo oltre un decennio in cui l’unica terapia disponibile era, come si diceva,  quella basata sulla duplice terapia interferone + ribavirina.  In questi anni si sta assistendo ad una vera e propria rivoluzione per la cura di questa patologia con nuove molecole che faranno in modo di poter fare a meno dell’interferone e a seguire anche della ribavirina. I nuovi vantaggi delle nuove terapie, che sono orali, riducono la durata della terapia, che si riduce a 3-6 mesi contro i 6-12 mesi dei  trattamenti precedenti e  l’efficacia nella eliminazione del virus arriva fino al 100% dei casi.  Il fatto che si tratti di farmaci orali,  e soprattutto l’assenza di interferone e degli effetti collaterali connessi, li rende   farmaci rivoluzionari.

Moreno Manzi

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