Messina – La più giovane ha 13 anni, e fa ‘la ragazza del telegramma’. E’ la deliziosa Chiara Frisone, un’entrata finale che pure la lascia sul palco per molto tempo, a far da cadavere ‘parlante’. Tra i protagonisti (tutti attorno ai vent’anni) il fuoriclasse Gabriele Casablanca, nelle vesti di un signor Boddy afflitto da balbuzie, è l’ultimo ad arrivare in scena ed il primo a morire. Eppure il tempo gli basta per far scoppiare in platea così tante risate da rendere difficile al pubblico qualsiasi azione di ‘auto contenimento’. La prima che si vede, aperto il sipario, è Alice Ingegneri, Yvette la cameriera, sul cui magnifico décolleté il balbettìo di Boddy diventa irredimibile. In scena dal gong d’inizio alla fine dello spettacolo, si aggirano quattro figuri che fanno di tutto un po’, fungendo, oltre che da poliziotti, da attaccapanni e da riflettori. Sono Francesco Gerbino, l’ultimo arrivato in compagnia, che è nel ruolo del capo dell’FBI, Jeff Anderson e Gianpiero Santoro e Mario Sturniolo. Una regia surreale affida a quest’ultimo compiti innumerevoli: tra l’altro, fa per intero la colonna sonora, rumori di scena e fuori scena compresi, dal vivo e a vista. L’effetto è esilarante. La serietà del volto, la compostezza della voce, peraltro straordinaria, sono un continuo controcanto all’azione. E quando annuncia, di seguito, di corsa, il ‘colpo di scena’, il ‘colpo genitale’ e il ‘panico generale’, si ride irrefrenabilmente. Non bastasse, è lui la scenografia. Nel mondo parallelo creato dal regista Sasà Neri ci sono l’armario al posto dell’armadio e un lampamario che cade con frastuono, ma c’è anche chi mette un personaggio spalle al mario e non al muro.
Dimenticate il film (Signori, il delitto è servito, 1985), dimenticate il gioco (il Cluedo). Questa trasposizione teatrale – ‘Il delitto è servito’ – è davvero molto di più. L’ensemble artistico ‘I chiari di luna’ ne ha fatto il proprio debutto assoluto. E, con un quasi sold out del tutto imprevisto, ha reso il terzo appuntamento de ‘La Stagione della Luna’ al teatro Annibale di Messina un evento di cui parlare.
La storia è nota. Ci sono un tot di persone a vario titolo capitate in una villa solitaria. Ne muoiono un mucchio e l’assassino potrebbe essere chiunque tra i sopravvissuti. Ma detto questo non si è detto niente. Bisogna segnalare, per esempio, la spettacolare interpretazione di Luciano Accordi, un maggiordomo Wadsworth regolato come una bomba ad orologeria, e quelle di Margherita Frisone nei panni della signorina Scarlett e di Cristina Dainotti in quelli della signora Peacock: non c’è loro silenzio, passo o battuta che non diventi pura commedia. E se il primo dei numerosissimi applausi a scena aperta è di Riccardo Ingegneri nel ruolo del signor Green, l’agente federale omosessuale, il professor Plum di Michele Espro e il suo borbottìo come il colonnello Mustard di Dario Blandina e la sua mano offesa sono indimenticabili, per non dire della pallida e tragica signora White alla quale Bernadette Malaponti regala troppi sottintesi per poterli ricordare tutti. A completare, ecco i camei di Nancy Catalano (la poliziotta spagnola sexy dalla pronuncia in giù), Simone Siclari (l’automobilista sordo da cui scaturisce una girandola di equivoci) e Alessandra Borgosano (la cuoca capace di terrorizzare anche da morta).
C’è teatro e teatro. C’è commedia e commedia. In questo ‘Delitto’, che vede al desk audio-luci Simone Lo Presti e ai costumi Mimma Matina e Titti Galasso con Giulia Alesci, a essere servito dalla regia di Sasà Neri, così folle da rompere tabù tecnici e lasciare gli spettatori senza difese, è un genere che sembra inventato proprio qui, nel sottotesto di questa messinscena. E’ la commedia dell’assurdo. Senza sbavature, senza grossolanità. Tutta ritmo parole e corpi in movimento. E alla fine, come ha detto una spettatrice, si vorrebbe che ricominciasse subito daccapo perché ‘è come la cioccolata, non basta mai’.