Il disgelo Usa-Russia è reale?

Le aperture di credito in campagna elettorale, gli encomi da presidente eletto della forte leadership di Putin, la restituzione a Mosca di un ruolo globale, di fatto promessa da Trump, con segnale forte attraverso  la nomina al Dipartimento di Stato del capo di Exxon Mobil,   buon amico di Putin, Rex Tillerson, fanno presagire una nuova stagione nei rapporti Usa-Russia.  Putin e i suoi diplomatici si sono preparati con cura all’appuntamento con Donald Trump, decisi a non sprecare l’occasione, in parte insperata.  Cosa vuol dire concretamente ‘far compiere un salto di qualità ai nostri rapporti’, come ha scritto il presidente russo nella lettera inviata a Trump per le feste di fine anno? E soprattutto, quanto e quando peseranno sul disgelo in fieri le tante contraddizioni strategiche esistenti tra i due Paesi. Una piena cooperazione in Siria e in Medio Oriente è il primo corollario di questa premessa. La lettura dei rispettivi interessi nella regione è simile: lotta al jihadismo radicale in tutte le sue forme, siano l’Isis o i nipotini di al-Qaeda come al Nusra,  secondo cui Mosca è pronta ad azioni militari congiunte e a condividere l’intelligence con gli americani. Poi vengono la ferita aperta dell’Ucraina e le tensioni sul fronte Est della Nato.  Trump considera inutile un confronto con la Russia nell’Europa centro-orientale e  metterà forte pressione su Kiev per applicare gli accordi di Minsk. Quanto alla Nato, Trump ha reso fin troppo chiaro il suo approccio,  e la solidarietà verso i Paesi baltici,  e la Polonia,  non sarà più automatica con  la nuova Amministrazione che vorrà evitare ogni provocazione verso Mosca. La ripresa della collaborazione dentro il Consiglio Nato-Russia è nelle aspettative del Cremlino. Putin ama i mega progetti economici e in Trump ha l’interlocutore ideale, come, ad esempio, con l’esplorazione congiunta dei giacimenti di petrolio nel Mare Artico. Ma con Trump non tutto andrà nel migliore dei modi possibili. Troppi fattori negativi pesano sull’equazione strategica russo-americana. Primo fra tutti, la Cina. Trump vede Pechino come l’avversario strategico numero uno. Tutte le nuove spese per gli armamenti che ha annunciato, andranno sicuramente a rafforzare il dispositivo militare nel Pacifico. E vorrebbe avere Putin dalla sua parte in questo scenario, ma non è  probabile che Putin voglia mettere a rischio i rapporti con Pechino.  Per  Putin  l’Eurasia una priorità strategica. Un’altra contraddizione sul riavvicinamento russo-americano è rappresentata dall’Iran. Una denuncia dell’accordo nucleare con Teheran non verrebbe capita né accettata da Putin.  Ma la nota più dolente potrebbe venire dal controllo degli armamenti, visto che è prevedibile la morte definitiva dell’Inf, il Trattato sui missili nucleari intermedi, e una nuova corsa al riarmo. Con Trump alla Casa Bianca, parte nei rapporti con Mosca un nuovo ciclo, che avrà risultati tangibili e positivi,  ma  nessuno al Cremlino si fa illusioni. La finestra di opportunità sarà breve e, poi, le contraddizioni avranno la meglio.

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