Nei cinema italiani ha debuttato il 12 Gennaio, “The Founder “il film di John Lee Hancock che narra la genesi della più grande catena di fast food del mondo: Mc Donalds. Ma attenzione a giudicare un libro dalla sua copertina, questa pellicola tutto vuol essere tranne che una celebrazione apologetica di Mc Donalds e di Ray Kroc, colui che lo ha trasformato nel colosso finanziario che oggi conosciamo, il “founder” del titolo che con la fondazione del primo ristorante Mc Donalds come scopriamo subito non ha proprio niente a che fare, ma è di fatto colui che ha inventato il franchising dei fast food in un epoca in cui né l’ uno nè l’altro esistevano, diventando ultramilionario e trasformando un piccolo chiosco degli hamburger in un fenomeno globale.
Ma partiamo dall’ inizio, Ray Kroc è un rappresentante “fallito” di frullatori multilama, un oscuro uomo di mezz’età senza particolari talenti, ma armato solo di una sconfinata ambizione e perseveranza, con gli occhi che bruciano di voglia di successo gira gli Stati Uniti alla ricerca di clienti.Un giorno per un misterioso gioco del destino incontra i fratelli Mc Donalds, due ristoratori di successo che sono titolari di un chiosco per gli Hamburger rivoluzionario per l’epoca perché, applicando metodi da catena di montaggio fordista i fratelli Mc Donald sono in grado di produrre hamburger in 30 secondi a costi bassissimi grazie a quello che loro che hanno battezzato il metodo espresso. E’ nato il fast food e i fratelli Mc Donald lo hanno inventato.
Kroc alla vista del successo dei Mc Donalds è colto da un’illuminazione: l’ affiliazione è la chiave.
Quel luogo sarà la chiave per il successo che tanto disperatamente insegue da anni, diffondere “ Mc Donalds” in tutto il paese sarà la sua strada maestra verso il “sogno americano”. Di fatto Kroc inventa così il franchising. Ma non è tutto rose e fiori questo sogno americano, è un sogno cannibale e spietato, perché come dirà lo stesso Kroc nel film “ gli affari sono una guerra” e Ray Kroc si impadronirà del sogno dei fratelli irlandesi senza risparmiare colpi, e abbattendo cinicamente e sistematicamente ogni possibile ostacolo alla concretizzazione del suo obiettivo: diventare milionario e realizzare se stesso ad ogni costo.
A vestire i panni di Ray Kroc gli occhi magnetici di un superlativo Micheal Keaton, segnato dalle rughe e invecchiato, che con il suo ghigno mefistofelico descrive la figura di Kroc in tutta la sua crudezza e meschinità, anche di più di qualsiasi battuta o dialogo pungente. Il pubblico vedrà in Keaton il volto di uno “squalo”, un uomo d’affari quasi consumato dalla sua ricerca costante di affermazione,tenace, aggressivo e senza scrupoli, che si contrapporrà alla genuina operosità di Dick e Mac Mc Donald, i due grandi sconfitti della storia, con il loro ossequio per le regole e la loro ingenuità finiranno per farsi rubare tutto, persino il nome, da questo lupo calatosi tra gli agnelli, ma cosa ancora più grave non potranno opporsi in nessun modo, perché la guerra è guerra, e vince il più forte. In “The Founder” le parole d’ordine sono due: ottimizzazione, ma soprattutto perseveranza. Ottimizzazione in merito allo snellimento ed all’automatizzazione procedurale che la nascita del fast food ha introdotto e perseveranza nell’ inseguire i propri scopi. Ma Kroc dalle procedure di produzione passa rapidamente a ottimizzare anche tutto il resto in nome del profitto: quel che non serve al sogno va eliminato, tutto il resto deve essere sfruttato affinchè il sogno possa realizzarsi. La moglie, gli amici, i soci, niente può evitare d’essere sacrificato.
Ray Kroc è una figura controversa e controversa rimane nel lavoro di John Lee Hancock, nel film la sua perseveranza, la sua intraprendenza e il suo senso per gli affari, ci attraggono ma il suo cinismo ci ripugna, ci fa rabbia e ci turba, perché non si può fare a meno di uscire dal cinema chiedendosi con un pizzico di vergogna: “Cosa avremmo fatto Noi se avessimo avuto la sua stessa opportunità di diventare multimilionari? C’è un limite alla realizzazione dei propri sogni?”
La morale crudele di questo film è l’essenza stessa del “sogno americano” ma spogliato di tutta la sua magia e mostrato in tutta la sua ferocia: per avere successo non basta il duro lavoro o una buona idea, poiché tutti possono avere un’idea, nonostante questo per metterla in pratica ci vogliono coraggio, perseveranza e spregiudicatezza soprattutto.
E’ così che persino un uomo senza nè grandi idee o particolari pregi se non la perseveranza come Kroc, in America può arrivare a diventare chiunque esso voglia.
Il lungometraggio è diretto egregiamente da John Lee Hancock (“Saving Mr. Banks”), e vuole sembrare un biopic in cui il regista accompagna lo spettatore senza giudizi alla scoperta di una storia. La regia è misurata e attenta con uno stile quasi documentaristico, che riesce con piccoli tocchi prima a descrivere l’apatia e la frustrazione della vita del piccolo rappresentante di frullatori intrappolato in una routine che gli va sempre più stretta, e poi la sua rapida ascesa. Da qui a tratti diventa sempre più concitata con l’ausilio del flashback e di un montaggio che rompe gli schemi dell’ordinaria successione temporale dei fatti per regalare dinamismo alla vicenda e ritmo, inoltre grazie alla costante frattura della quarta parete, con il protagonista che ci fa partecipi dei suoi pensieri rivolgendosi direttamente al pubblico, riesce a far vedere la finzione filmica sotto una nuova luce e genera un maggiore coinvolgimento nel pubblico. Infine l’ottima sceneggiatura, scritta da Robert D. Siegel, risulta scorrevole e ricca di ritmo, riuscendo a suscitare un costante interesse nella trama ed evitando sbadigli, in quello che poteva rischiare di diventare un film celebrativo della brand identity di Mac Donald’s ed un’ agiografia del suo fondatore mentre invece è per fortuna tutt’altro.
L’ottimo lavoro di Siegel coinvolge invece il pubblico per tutta la durata del film, raccontando con accuratezza e senza sbavature l’ascesa di Kroc e nonostante si sappia sin dal principio come andrà a finire per i poveri fratelli Mac Donald’s.
Un film assolutamente da non perdere, per sapere ogni volta che ci sediamo a mangiare distrattamente un Big Mac cosa c’è dietro quegli archi dorati, ma soprattutto un film per riflettere sull’ America di ieri e di oggi ed i suoi valori, e comprendere così come si realizza concretamente un grande successo nel mondo degli affari e quante persone vengono lasciate indietro sulla strada del successo.
Valentina Franci